mercoledì 11 gennaio 2012

Shortbus - Recensione

Shortbus: dove tutto è permesso di J.C. Mitchell – Genere: drammatico – USA, 2006

Sofia è una sessuologa che non ha mai avuto un orgasmo e in tanti anni di matrimonio ha sempre finto durante i rapporti con suo marito Rob. James e Jamie, una coppia di ragazzi gay, stanno cercando di allargare il loro rapporto dal punta di vista sessuale. Severin è una ragazza sola e complessata che si prostituisce nel ruolo di femmina dominatrice al servizio di improbabili clienti masochisti. Tutti quanti convergono allo Shortbus, colorato e grottesco locale dove, come dice appunto il titolo, tutto è permesso.
Non poteva mancare questo film in una serie di post sul cinema e sull’estetica del cinema contemporaneo. Shortbus, presentato fuori concorso al Festival di Cannes, segna un’epoca rompendo gli schemi di tutta una certa tradizione di film e esplodendo come una bomba nel panorama cinematografico. Anzitutto, dopo aver visto il film, si potrebbe essere colti dalla smania improvvisa ma credo immotivata, di classificare il film sotto l’etichetta di “erotico” che di solito compete a titoli di dubbio gusto estetico, come quelli che appartengono al filone della Commedia Sexy all’italiana. Diciamo che fra un film della Fenech e di Alvaro Vitali e Shortubs c’è la stessa differenza che c’è fra la foto su un giornale pornografico e un nudo artistico di Elmut Newton, per capirci.

Shortubs si nutre della sessualità, ci gioca con estrema sapienza senza mai scadere nel banale. Riesce a sorprendere e a impressionare. E’ un film grottesco perchè compone una enciclopedia visiva delle manifestazioni sessuali del corpo (sia per quello che riguarda le attrazioni di genere sia per quanto concerne l’estremo campionario feticista). A tratti, forse, spinge un po’ troppo sull’acceleratore ma come tutti i grandi film si basa sull’eccesso e sull’ebbrezza dionisiaca del divenire del corpo. E’ un testo grottesco anche perchè gioca sui toni, unendo momenti particolarmente ilari e divertenti a sferzate di grande sentimentalismo, ancorché mai banale. Dietro a ogni risata, in Shortubs si nasconde una profonda analisi dei meccanismi che reggono il nostro agire e il nostro formare delle coppie; le unità sentimentali del film (coppie, threesome o il rapporto dominato-dominatrice) sono la parodia disincantata della famiglia e della sessualità borghese.
La trama è complessa e profondamente articolata, grazie anche alla compenetrazione progressiva dei piani narrativi che, partendo come entità separate unite solo dalla pulsione sessuali, procedono a fondersi progressivamente, facendoci smarrire i confini dei personaggi a favore della contemplazione di un grande elogio dell’Amore e del Sesso. I personaggi sono credibili, convincenti, sfaccettati, mai banali e ben caratterizzati pur nella loro non-scontatezza. La colonna sonora è moderna, metropolitana e camaleonticamente calzante ai vari registri narrativi con cui il film gioca in modo estremamente pantagruelico. La fotografia è buona, certamente non eccelsa ma il film è così convicente e ben saldo sulle sue premesse ontologiche che questa risulta poco più di una sbavatura.

Shortbus meriterebbe di essere approfondito di più: è uno di quei film che a ogni visione aumenta il patrimonio già ampio delle sue valenze intrepretative. In conclusione, uno dei miglior film degli ultimi dieci anni.

VOTO: 10/10
Il film in una frase: “E’ la prima volta che qualcuno ti canta l’inno nazionale nel culo?” “No”

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