mercoledì 11 gennaio 2012

Fahrenheit 451 - Recensione

Fahrenheit 451 di François Truffaut – Genere: drammatico/distopico – Gran Bretagna, 1966
Futuro, epoca imprecisata. I libri sono proibiti: rinvenirli e bruciarli è compito dei pompieri. Uno di costoro, Montag, viene avvicinato da Clarissa, una giovane insegnante dall’aria bizzarra. Il nostro promettente vigile del fuoco in carriera, da quel momento, comincierà a rivedere le sue priorità.
Dall’omonimo romanzo-cult di Ray Bradbury, François Truffaut confeziona una versione cinematografica di una delle più celebri opere distopiche del XX secolo (insieme al 1984 di Orwell). L’opera letteraria è complessa, polimorfa e ancora attualissima: fare un film su un’opera del genere è molto pericoloso perchè si rischia di apparire pedanti oppure, au contraire, di distaccarsi troppo da quella che era la matrice originaria del meccanismo narrativo. L’esperto regista non corre però nessuno di questi due rischi e ci regala un’opera interessante, ma sufficientemente coesa strutturalmente da non essere un surrogato della versione cartacea.
Un film con una sua dignità, che non si inserisce facilmente nella canonizzazione dei generi: è un film science fiction perchè presenta forti elementi di alterità rispetto al quotidiano (le case ignifughe etc.), un film distopico perchè porta alla luce un’utopia negativa (siamo lontani dai tempi di Thomas Moore, per intenderci), un film drammatico perchè i personaggi si muovono in un modo che rispecchia tragicamente la condizione dell’uomo post-moderno, un film fantapolitico perchè in esso si percepisce chiaramente l’importanza di un legame (cultura-potere) che, una volta incrinato, genera degenerazioni!
Tecnicamente il film c’è: la storia sta in piedi sulle sue gambe, la fotografia è buona anche se i colori risentono un po’ della patina del tempo; piacevole il comparto musicale che però non è sufficientemente legato al contesto video-narrativo, sacrificando un po’ il progetto complessivo. I personaggi, invece, sono a mio avviso ben caratterizzati e realistici. Montag e la moglie, soprattutto sono la coesistenza complementare di un tipo monocorde (la moglie) e di un personaggio a tutto tondo (Montag), con dubbi e contraddizioni. Alcune scene del film sono veramente belle, come quella (solo per citarne una) del comandante dei pompieri che inveisce contro la letteratura, trovandosi proprio in una biblioteca clandestina; ho trovato piacevoli anche le scene della scuola di pompieri, molto interessanti.
Il finale è ovviamente il coronamento del ciclo narrativo, così come nel romanzo. Nel film è stato reso dignitosamente, ma credo che abbia perso molto del suo fascino originale. Probabilmente si tratta di un problema insito nelle trasposizioni; nel caso di un romanzo meta-testuale com’è Fahrenheit (un romanzo che riflette su se stesso e sul potere evocativo della cultura), il problema sembra essere ancora più presente. Un film comunque buono, che ritengo sarebbe un’ottima visione (e lettura!) scolastica.
VOTO: 7.50/10
Il film in una frase: “L’Etica di Aristotele: naturalmente chi lo legge deve credere di essere superiore a chi lo ha letto, e questo non è bene Montag, noi dobbiamo essere tutti uguali. L’unico modo per essere felici è di sentirci tutti uguali. Quindi, noi dobbiamo bruciarli Montague, fino all’ultimo”.

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