mercoledì 11 gennaio 2012

La pelle che abito - Recensione

La pelle che abito di Pedro Almodòvar – Genere: drammatico – Spagna, 2011
Il chirurgo Robert Ledgard vive nella sua lussuosa casa/clinica privata in compagnia di Vera, una bellissima ragazza per la quale lui sembra avere una vera e propria ossessione: l’uomo la tratta infatti come una cavia, tenendola rinchiusa in una stanza, vestita solo di un body color della pelle e osservandola tramite delle telecamere.
Il nuovo, attesissimo (almeno da me) film di quel diavolo di Pedro Almodòvar mi ha, almeno in parte, deluso. Eh si, perchè chi come me era abiutato alla tipologia di Tutto su mia madre o allo splendido La mala educaçion potrebbe trovarsi un po’ impreparato a questo “cambiamento”. La pelle che abito è un film che punta sulle tinte fosche più di quanto non sia già stato fatto in precedenza ma, forse eccede un po’. La trama è tutto sommato originale, almeno per noi occidentali (ho saputo che, tenuta in conto la cinematografia orientale d’alta classe, questo potrebbe non essere più vero) ed è ben interpretata dagli attori protagonisti che risultano sempre credibili anche se non spiccano per qualità.
Il montaggio sembra scontato ma si risolleva nella parte finale creando una piacevole struttura a rimandi che rimette in discussione l’idea che ci si poteva essere fatti. Sfruttando anche in una scena la tecnica del “vedere lo stesso episodio da più punti di vista” già emersa in Elephant e altrove, Almodòvar riesce a risultare più interessante di quanto l’apertura della pellicola non prospettasse. Il punto è che tutto avviene nei tempi sbagliati, troppo lentamente all’inizio (quando invece si poteva accelerare) e in questo modo la parte centrale e più interessante della vicenda risulta spostata verso la fine (nella 2° metà del film) e si è costretti a correre, accelerando per portare a termine il tutto.
La fotografia è accettabile ma da un regista apprezzato e apprezzabile come P.A. ci si aspetterebbe certamente di meglio. Ci sono, a tratti, delle belle inquadrature e il lavoro nel complesso non è da buttare ma mi aspettavo molto molto di più per un lavoro di questo genere. Apprezzabilissime invece le musiche, con delle sequenze di violino davvero suggestive, che si abbinano bene alle scene proposte. Un’altro problema della pellicola è il finale, imprevedibile (e questo è un bene) ma anche troppo rocambolesco e poco realistico; la situazione peggiora ancora se si considera che, proprio nel momento finale del film, diventa anche un po’ troppo buonista (dove l’Almodòvar cattivo de La mala educaçcion?).
Insomma, un deciso cambiamento di rotta per l’eccentrico regista spagnlo che, personalmente, non ho apprezzato molto (forse anche perchè le mie aspettative erano alte…) ma che – credo – potrà comunque risultare piacevole per gli amanti dell’autore.
VOTO: 5/10

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