mercoledì 11 gennaio 2012

Dogtooth - Recensione

Dogtooth – Grecia, 2009
Una famiglia di cinque persone (padre, madre, due figlie femmine e un figlio maschio) vivono in una casa, in un punto imprecisato di un paese imprecisato, completamente recintata e isolata dal resto del mondo. L’unico ad avere contatti con l’esterno (rigorosamente a bordo dell’auto) è il padre. A tutti gli altri è precluso il contatto con ciò che sta fuori dal loro cancello. All’interno di questa casa-bolla sopravvive la finzione di una vita ideale, ma non è così semplice…
Dogtooth è un piccolo, semplice, diamante bianco. E’ un film a tratti minimale ma profondamente toccante, straniante e perturbante. La storia di questa famiglia, questa vita fittizia costruita dal padre, crea uno stridente contrasto con tutto ciò che siamo abituati a vedere. Un contrasto non in negativo (non del tipo nero-bianco) ma un contrasto – appunto – perturbante, vale a dire “c’è un po’ di questo film in ognuna delle nostre famiglie”.
E’ un lavoro questo di colori netti, con il bianco che domina sopra tutto. Il ritmo narrativo è volutamente assente, quasi piatto. A ben guardare, se qualcuno ci chiedesse nel concreto che cosa accade nell’ora e trenta di questa pellicola, se uno rispondesse “niente” non avrebbe tutti i torti. Eppure in questo completo nichilismo, in questa totale assenza di avvenimenti, si muovono – come fantasmi di una realtà che alla fine ci appartiene – dei personaggi piatti, anch’essi volutamente monocromatici, a dimostrarci quanto la vita dipenda da come ci viene insegnata.
Perchè, riflettendoci, chiameremmo mai il sale sale se nessuno ce lo avesse insegnato? Se qualcuno da piccoli vi avesse detto che il sale si chiama telefono o che la vagina si chiama tastiera voi non avreste creduto sulla parola ai vostri genitori? Ecco la sfida anche filosofica di Dogtooth: non solo una riflessione parodica sulla famiglia contemporanea ma anche un modo quasi focaultiano di riflettere sulle strategie dell’apprendimento e, in questo caso, del condizionamento sociale (perchè, si sa, la famiglia è la società in piccolo).
In questo entroterra concettuale si installa una regia dal montaggio inesistente, gli avventimenti si susseguono così in modo assolutamente nonsensical come la vita dei nostri cinque individui. Il vero punto di forza tecnico di Dogtooth sono però le inquadrature e la fotografia: è uno dei film con la fotografia migliore che io abbia mai visto. Insomma, un film artistico, geniale, straniante e spaventosamente contemporaneo. Consigliato al 1000%
VOTO: 9.50/10

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