mercoledì 11 gennaio 2012

L'esorcista - Recensione

L’esorcista di William Friedkin – Genere: horror di possessione – USA 1973
Georgetown. L’attrice Chirs McNeill è impegnata in un film e passa le sue giornate fra il set cinematografico e il tempo passato a casa con la figlia dodicenne, Regan. Quando la piccola Regan inizierà a manifestare strani comportamenti, che nessuno psichiatra riuscirà a spiegare, il suo destino si incontrerà con quello di Padre Damien Carras, un prete-psichiatra decisamente poco convenzionale…
The scariest movie of all time, L’esorcista. Prima di parlare del film in sé è bene valutare la bontà (eventuale) di questa fortunata affermazione. Si parlava già ai tempi delle recensione di Ringu della generatività del “mostro” come metro per misurare la riuscita e la risonanza multimediatica di un prodotto: a proposito del capolavoro di Nakata si è detto che la sua indubbia portata rivoluzionaria si misura nel fiorire di una filiera di titoli “cloni” o figli di The ring. Lo stesso si può dire per L’esorcista.
Anzitutto il film fonda un genere, che è quello degli horror di possessione. Proprio da questo titolo nascerà (e qui sta la generatività) una fortunata (più o meno) serie di titoli più o meno affini: dal vecchiotto Seitan (vero e proprio remake di dubbia fattura) fino ai più recenti Blackwater valley exorcism, The exorcism of Emily Rose, Exorcismus solo per citarne alcuni, per non parlare del prequel L’esorcista-La genesi e del sequel L’eretico. Il titolo è però anche estremamente pervasivo e la sua portata da vero e proprio oggetto di culto si vede, per esempio, anche nella citazione parodica che ne fa Scary movie II.
Ma veniamo al film, valutandone i parametri tecnico-narrativi in relazione all’epoca di produzione (compito arduo, ma inevitabile per film un po’ “vecchiotti”). L’impianto narratologico e la sceneggiatura sono complessi, articolati e ben strutturati. Certo non si tratta di un capolavoro del cinema impegnato, la natura d’intrattenimento da blockbuster si vede bene, ma per un horror degli anni ’70/80 siamo decisamente al di sopra della media (siamo negli anni dei grandi slaher americani, è bene ricordarlo). Bellissima a mio parere l’apertura (quasi muta) del film, con le riprese su un sito di scavi archeologici che vengono (giustamente) prolungate nella fantomatica “edizione integrrale”.
Le inquadrature e la fotografia sono la parte un po’ più carente, anche se ci sono comunque delle belle angolazioni visuali, come quella del celeberrimo arrivo del vero e proprio esorcista a casa McNeill (che si vede nella copertina che apre questa stessa recensione). La musica è accessoria, come si confà a un prodotto squisitamente d’intrattenimento, ma il motivetto principe del film è riuscitissimo ed è rimasto nell’immaginario come profondamente legato a questo titolo. Un ultimo aspetto su cui di solito non mi soffermo ma sul quale in questo caso vale la pena almeno accennare è il trucco e gli effetti speciali, ottimi per l’epoca. L’abbruttimento del corpo di Regan è progressivo ma terrorizzante.
Capolavoro insuperato del genere esorcismi, L’esorcista è ancora oggi un film storico e storicamente imprescindibile (di certo per la storia del cinema horror, ma onestamente credo che sia un film che in ogni caso ha fatto la storia del cinema in generale) per la sua multiforme presenza ancora oggi, a più di trent’anni dalla sua uscita. Uno dei film che hanno fatto scuola sulle tematiche della possessione e della demonologia insieme alla fortunata ma non altrettanto pervasiva serie di Omen.
VOTO: 8/10
Il film in una frase: “Il demone è bugiardo. Mentirà per confonderci e alle menzogne mescolerà anche la verità per aggredirci.”

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