mercoledì 11 gennaio 2012

Alexandra's project - Recensione

Alexandra’s project di Rolf de Heer – Genere: drammatico – USA, 2003
Alexandra è una donna profondamente infelice della vita che trascorre con il marito e con i due figli piccoli. E’ il giorno del compleanno di suo marito e lei decide di preparargli una sorpresa molto, molto speciale: gli fa trovare al suo ritorno una casa deserta e un video con scritto “guardami”.
Alexandra’s project è un film che avevo nel cassetto da qualche tempo, pronto per essere visto. Ieri sera mi sono deciso e, tutto sommato, ne è valsa la pena. Il registra affronta in modo soddisfacente il complesso e un po’ inflazionato rapporto di coppia, mettendone crudamente in luce le ipocrisie e le ipocondrie depressive. La storia di Alexandra ricalca drammaticamente quella di moltre altre donne nella sua condizione, ma nella sua rivalsa tutta giocata sull’oggetto del desiderio del marito c’è ben altro: la necessità di autoaffermazione, sostanzialmente.
La trama è avvincente e, almeno nella prima parte, abbastanza originale. Soltanto sul finale la struttura narrativa sembra cedere all’usura del tempo e comincia a scivolare nel banale, nel già visto diventando un piccolo cliché, per fortuna soltanto in chiusura; peccato che il finale non sia per nulla originale. Se il film si smarrisce sul piano narrativo, non brilla certo per la qualità della fotografia - soltanto discreta – ma si fa ricordare per la scelta di abolire praticamente del tutto il comparto sonoro, con un effetto comunicativo ben riuscito e convincente. Tecnicamente l’elemento più interessante è – a mio avviso – il totale basarsi del film sulla struttura meta-visiva, tale per cui la moglie dialoga con il marito attraverso un video. In questo modo noi siamo doppiamente spettatori: vediamo il film e – al contempo – vediamo il video insieme al marito, non sapendo che cosa contenga.
Vediamo anche una terza storia, di cui siamo speattatori partecipanti: il dramma esistenziale di Alex, che utilizza il video come l’ultimo mezzo di affermare sé stessa, di assicurarsi un’esistenza al di fuori di quella ingombrante del marito, di rivendicare un lebenshraum (spazio vitale) che possa essere solo suo. Un’invettiva visiva che manifesta la necessità della Donna contemporanea di ritagliarsi uno spazio al di fuori della casa e della vita confezionata per lei dal marito. Il punto interessante del film, poi, è che crea una spiazzante incapacità (nello spettatore) di formulare un giudizio etico: la donna sottomessa, ha – in fin dei conti – il diritto di concepire una così malata e schizofrenica vendetta?
VOTO: 7/10

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