lunedì 3 giugno 2013

Visitor Q



Visitor Q di Takashi Mike - Genere: drammatico - Giappone, 2001

Non so se sia semplicemente una mia impressione, ma pare che la famiglia sia uno dei grandi soggetti del cinema giapponese, che non conosco nel profondo ma che comunque mi sembra abbastanza affezionato a questa tematica. Anche Visitor Q non fa eccezione, rappresentando un vero e proprio manifesto di dinamiche intepersonali alla deriva, riprese dal piccolo occhio di una telecamera amatoriale, retta da un malsicuro padre che lavora all'interno del sistema televisivo.

Ispirato evidentemente al Teorema di Pasolini, di cui riprende in gran parte le strutture fondamentali, Visitor Q è un prodotto indefinibile, in cui la vena inizialmente drammatico-morbosa degli avvenimenti, si fonde progressivamente con una tendenza che ha più del grottesco divertissment autoreferenziale (emblematica a tal proposito la sequenza in cui i due genitori uccidono i bulli che tiranneggiano il figlio). Al di là di questo melange non viene mai comunque a mancare una vena estetica sottilmente perturbante, su cui troneggia la scena della madre che spremendosi i seni inonda il pavimento della cucina di latte materno.

Quello di Mike è un film certamente eccessivo, volutamente sopra le righe, sconnesso nella modalità narrativa e con molti punti interrogativi. Non si sa chi sia il Visitatore, né dove sparisca verso la fine della pellicola. Ma non importa, il lavoro di Mike è comunque affascinante e rimane decisamente unico nel suo genere. I toni allucinati di alcune scene assumono quindi tutto il valore di un racconto sulla famiglia e sulla società, che il Visitatore non è venuto a distruggere ma, forse, a salvare. 

E' proprio in questo poi che il film di Mike si approssima maggiormente a quello di Pasolini, oltre che per il ricorso insistente alla sfera sessuale (che qui si piega a elemento intertestuale con numerosi altri lavori del regista nipponico). La famiglia è una realtà in sé malata (ce lo diceva anche Van Sant in tempi non sospetti con Drugstore cowboy) ma c'è la possibilità di salvarla. La differenza con Pasolini è che Mike rende tutto più estremo, scanzonato e intimamente giapponese, riprendendo un gusto per l'esasperazione che costituisce uno dei tratti più tipici del cinema del Sol Levante (il che è straordinario, visto che a questo genere di titoli se ne affianca un altro ugualmente splendido tutto basato sull'intimistica analisi di spazi e individui). 

In ogni caso un film che certamente vale la pena di vedere, anche solo per questa sovrabbondante eccedenza che lo pone al di sopra della maggior parte dei titoli cui siamo abituati. Se a ciò si aggiunge una composizione molto ben curata, con elementi interessanti da un punto di vista estetico e un costante scambio di sguardi fra cinematografia e televisione, il giudizio non può che essere concorde nel tributare i giusti onori al genio di Mike.
VOTO: 7.50/10

Nessun commento:

Posta un commento