martedì 18 giugno 2013

Irréversible



Irreversible di Gaspar Noe - Genere: drammatico - Francia, 2002

Gaspar Noe è un regista decisamente poco prolifico, ma che già con la sua prima prova (Seul contre tous) aveva dimostrato di saper padroneggiare la macchina da presa con una sicurezza e un'eleganza fuori dal comune, riuscendo a gestire storie violente tanto da un punto di vista narrativo quanto da quello visivo. Irréversible, presentato al Festival di Cannes nel 2002, non smentisce la nostra interpretazione, anzi la rafforza grazie a un uso ancora più articolato e personale degli elementi del linguaggio cinematografico. La trama è semplice e si riassume in maniera piuttosto schematica con il topos della tragedia di vendetta (vedasi in letteratura il Tito Andronico); il vero merito del film è quindi il modo in cui la materia viene proposta allo spettatore, che si trova come investito da un flusso crescente di potenza visiva.

A parte un prologo iniziale poi ripreso alla fine del film (cui forse prende parte il protagonista si Seul contre tous? Non sono riuscito a riconoscerlo...), tutto il resto della vicenda viene proposto in maniera fortemente antinarrativa e il regista sceglie di invertire l'ordine della diegesi, presentandoci la trama a partire dalla fine. Noe non cera quindi l'effetto sorpresa, il coup de theatre in una narrazione che non ha nulla di straordinario ma che anzi mette dolorosamente a sistema la violenza del quotidiano. E così lo spettatore è chiamato attivamente a partecipare al racconto, rimettendo insieme i pezzi di una storia che inizialmente appare sempre più incompleta e incomprensibile. Mentre la narrazione procede verso l'origine, la nostra consapevolezza dei fatti e della psicologia dei personaggi aumenta, insieme all'opprimente sensazione di asfittico orrore che ogni singolo elemento contribuisce a creare. La chiave di volta è lo stupro della bella Alex, interpretata da una seducente e perfettamente integrata nella parte Monica Bellucci (anche se il doppiaggio italiano credo non le renda giustizia). 

La genialità di questo schema, che destabilizza tutta la struttura narrativa tipica del cinema tradizionale, trova un controcanto necessario e non meno importante nel modo che la regia ha di gestire le riprese, che soprattutto nella prima metà del film appaiono composte in maniera fluida e confusiva e non contribuiscono a una maggiore comprensione dei fatti. Lo sguardo dello spettatore è instabile e gli si richiede una fatica immane per seguire le peregrinazioni del regista; la cosa è confermata anche nel finale, dove lo sfarfallio tipico del cinema delle origini viene riproposto come a suggello di un'opera che fa del respingimento del pubblico una delle sue chiavi di lettura principale. 

Dopo la scena dello stupro - momento chiave veramente violento e gestito in maniera impeccabile da Noe per quanto riguarda cromatismo e punto di ripresa - il dettato si fa meno confuso e la ricerca dell'assurdità visiva diventa meno marcata, privilegiando modalità compositive meno estreme. Il risultato complessivo comunque non ne perde. Dopo un'ora e quaranta di film rimane la sensazione di aver appena visto qualcosa di profondamente geniale, che ha ricevuto delle critiche ingiustificate da chi probabilmente non ne aveva compreso la vera essenza.
VOTO: 9.50/10

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