sabato 8 giugno 2013

Holy motors



Holy motors di Leos Carax - Genere: drammatico - Francia, Germania, 2012

Film del 2012, appena uscito in Italia. Ellittico, misterioso, dominato da atmosfere spesso lynchiane, Holy motors è un lavoro particolare e molto coraggioso, come non se ne vedevano da tempo. L'impianto narrativo è criptico e si basa in larga parte su un fascino malato per il non detto e il non mostrato. La vicenda del protagonista è avvolta quasi completamente nel mistero: di lui si sa solo che cambia in continuazione identità a bordo di una limousine bianca, guidata da una donna altrettanto misteriosa. Già questi pochi elementi non possono non veicolare almeno in parte una sensazione di destabilizzante confusione, che mette in discussione non solo il ruolo ma la stessa esistenza dei personaggi. Non c'è più un personaggio solo, ma un ventaglio di individui in mezzo ai quali non è possibile riconoscere l'essenza ontologica dello sguardo che dovremmo seguire. Di tutto il resto poi, non ci viene detto praticamente nulla: in cosa consiste il lavoro di questo polimorfo organismo della cui umanità potremmo tranquillamente dubitare? Per chi lavora? Da dove proviene? Dove va?

Il mistero generalizzato che avvolge Holy motors non ne limita, ma anzi ne amplifica la bellezza. Il regista mette in piedi un edificio complesso dal punto della realizzazione e della gestione, incasellando inquadrature e ambientazioni successive nella costruzione di un'opera decostruttiva e intrisa di citazioni fino al midollo. Notevoli in particolare i continui riferimenti alla cronofotografia, presentati in discontinuità e all'interno della sequenza diegetica nel brano del motion capture, uno dei più evocativi di tutto il film; non vanno comunque dimenticati un richiamo a René Clair, esponente del cinema dadaista e una suggestione forse proveniente del coreano Kim ki-duk. 

Al di là di tutto, l'opera di Carax si fa certamente ricordare e i numerosi premi vinti in diverse manifestazioni internazionali non possono che confermarlo. Tralasciando alcuni difetti relativi in particolare a una colonna sonora a tratti troppo invasiva, non possiamo non rimanere affascinati dall'abilità con cui la regia ci propone ambientazioni curatissime ma sempre stranianti, che non possono non far venire in mente alcuni passaggi di Velluto blu o di Strade perdute. Sono momenti carichi di una spinta estetica molto profonda e costituiscono i momenti più riusciti del film.

Un' ultima nota va poi doverosamente fatta a tutto il discorso, spesso sotterraneo ma profondamente presente, sulla metacinematografia. Sono continui i riferimenti al cinema come realtà che si produce e alle modalità di questa creazione. Passando dalla fotografia (da sottolinearsi anche il riferimento a Diane Arbus) al cinema del green screen, Carax compendia anni di sviluppo e sperimentazione della settima arte in un'opera complessa, affascinante e oscura.
VOTO: 8/10

Nessun commento:

Posta un commento