sabato 15 giugno 2013

Pietà



Pietà di Kim Ki-duk - Genere: drammatico - Corea del Sud, 2012

Che Kim Ki-duk sia uno dei registi più interessanti di questi ultimi anni, almeno a mio avviso, è un dato di fatto. Pur non avendo avuto modo di vedere ancora tutta la sua filmografia ho già avuto modo di parlare spesso dei suoi lavori e non mi sono mai trovato meno che estasiato dopo aver guardato uno dei suoi film. Pietà non fa eccezione e il Leone d'Oro alla Mostra del cinema di Venezia è meritatissimo. E' un film grandioso, profondamente contemporaneo ma al tempo stesso intriso di sensazioni e movimenti che hanno tutta la valenza di un sapere arcaico. 

Conformità di fondo con il lirismo compositivo che lo ha sempre contraddistinto, ma che questa volta si sposa perfettamente con un'idea completamente diversa della vita e delle cose. Si abbandona il leggiadro incedere delle forme che aveva caratterizzato Ferro 3 o Soffio e si va ad indagare un mondo che si presenta sporco, putrido, brulicante di individui che faticano ad esistere e che - nonostante questo - sono dotati di un'umanità profonda e incontestabile. E' come se la pellicola prendesse corpo da sé, come se il regista non avesse avuto bisogno di orchestrarla nei minimi particolari: c'è qualcosa di profondamente reale in queste immagini che descrivono l'Inferno sulla Terra. E' un realismo che però è ben lontano dall'essere epistemologicamente attendibile e ciò che ne risulta, alla fine, è un senso di imminenza escatologica pericoloso e distruttivo.

Siamo di fronte a un lavoro deciso, estremo. Un film che fin dal primo minuto mette in scena uno sguardo visionario e profondamente metafisico, dotato di una capacità che ho già avuto modo di definire figurale. E' come se dietro ogni sguardo - ripreso con una sapienza che pare un melange fra Impressionismo ed Espressionismo - ci fosse non un sentimento ma un'Idea, la prefigurazione di un Assoluto che è pronto a manifestarsi eppure così sfuggente e momentaneo. Il messaggio (sebbene questo concetto sia da ridiscutersi in un'ottica più generale) è quello di un mondo alla deriva, imputridito dall'arrivismo e dalla vorace fagocitosi di denaro, di un denaro che annulla anche i sentimenti umani più elementari e che lascia posto solamente a un nichilistico desiderio di autodistruzione.

La religione del mondo moderno è qui, in questi fotogrammi. Commovente a dir poco.
VOTO: 10/10

3 commenti:

  1. Nonostante la recensione sia ben scritta e organizzata (anche se qualche aggettivo è inserito, permettimelo, a "casaccio"), non condivido nulla.
    Il nichilismo più becero non si trova non solo in questo film, ma nemmeno nella altalenante filmografia di Kim Ki-duk; anche a livello estetico la pellicola lascia a desiderare e mi pare palese che il premio a Venezia, festival in cui l'anno precedente aveva vinto niente meno che Sokurov e che, nel medesimo anno di Kim ki-duk presentava film qualitativamente e oggettivamente superiori (chi ha detto "Apres Mai" o "Spring Breakers"), sia stato gratuitamente elargito al cineasta koreano per aiutarlo ad uscire dalla depressione che lo attenagliava.
    Nel complesso poca classe, poca eleganza, poca sostanza.
    P.s eretica la citazione a Michelangelo.

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    1. Carissimo/a (la prossima volta potresti firmarti, preferisco sapere a chi rispondo), ti ringrazio per il commento. Purtroppo non ho ancora avuto modo di vedere i film che citi quindi non saprei proprio fare un confronto o valutare il lavoro di Kim rispetto agli altri della mostra; ribadisco che a me il film è piaciuto e penso sia meritevole. Per la spinta nichilistica cui faccio cenno, io devo dire che in questo film l'ho trovata e anche - per esempio - nel precedente "Arirang".
      La citazione di Michelangelo nella locandina non mi è sembrata così spiacevole; peraltro può anche darsi che sia stata mutuata più da Marina Abramovich che dalla Pietà, non saprei.

      Giuseppe

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  2. Non ho citato quelle pellicole per proporre un ipotetico paragone: sono produzioni troppo diverse e ogni tentativo di accostamento risulterebbe ridicolo.
    Personalmente le ho trovate ben più ispirate e riuscite di "Pietà", tutto qui.
    Per quanto riguarda il nichilismo ritengo che non sia applicabile in nessun modo al sentire e alla poetica orientale; il termine nichilismo deriva direttamente dal romanzo "padri e figli" di Turgenev e indica una "assenza d'essere", una "distruzione paradigmatica che lascia intravedere il non-essere" in nome di una possibile ricostruzione (vedi nichilismo attivo-passivo in Nietzsche).
    Nella cultura orientale questa concezione è del tutto obsoleta. Noi occidentali tendiamo all'essere, loro al Nulla, al Vuoto, ad una assenza pacifica fortemente ricercata e colta all'esterno della propria sostanza aristotelicamente intesa.
    Anche se diversi cineasti koreani/japponesi e cinesi si sono "occidentalizzati", questa matrice intrinseca e, a volte, passiva, è comunque onnipresente in ogni loro lavoro ed è molto differente dal nostro nichilismo.
    Detto questo non amo particolarmente i lavori di Kim e lo ritengo un discreto regista che ha saputo, però, produrre ottimi film.

    Ciao,

    Alessandro

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