giovedì 27 giugno 2013

La finestra sul cortile



La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock - Genere: thriller - USA, 1954

Uno dei migliori thriller della storia del cinema, una gigantesca metafora dello sguardo così come è stato pensato dal cinema classico, un rovesciamento parodico della commedia di rimatrimonio. La finestra sul cortile è tutto questo e molto altro ancora, in una dinamica di piani di lettura che può essere efficacemente riassunta nel riconoscimento di quello che si suole dire un capolavoro nell'opera di Hitchcock. La grandiosità di un film forse non possiede metri di misura oggettivi, ma questo lavoro hitchcockiano si lascia apprezzare anche per la sua trasversalità: non è un film chiuso autisticamente su se stesso e sul suo sterile autocompiacimento; come tutti i classici esso dice qualcosa a chiunque, a qualsiasi livello ci si approcci alla sua visione.

Da un punto di vista eminentemente figurativo bisogna già notare la perfezione della fotografia, che scandisce ambienti multiformi e spesso incomunicabili pur nella loro vicinanza topografica. La finestra da cui guarda James Stewart si apre su un mondo brulicante, che guarda con sapore entomologico. Ogni uomo è un'isola, potremmo dire. Ma è anche vero che il sistema messo in piedi da Hitchcock non è completamente avulso da contatti e sembra configurarsi come un panoptikon di foucaultiana memoria: un insieme di sguardi che promanano da un unico punto e di cui le "vittime" non sono consapevoli; non sanno di essere guardate e (soprattutto) non sanno se sono guardate. 

Fra l'altro la genialità di Hitchcock sta nel rendere La finestra sul cortile una metafora azzeccatissima di come funziona il cinema di quel periodo, in cui lo stesso regista si trova imbrigliato pur riuscendo a manifestare la sua esuberanza e la sua genialità. Lo sguardo dello spettatore è incardinato a quello dei protagonisti (in questo caso a quello del solo Stewart) e lo segue in tutto e per tutto. Questo da una parte garantisce la posizione perfetta per l'osservazione (lo spettatore si trova cioè sempre nel punto migliore per vedere la scena che si sta svolgendo), ma al tempo stesso nega la possibilità di manifestare la propria presenza e di indagare altre prospettive visive su ciò che sta accadendo.

E' meraviglioso notare come un regista perfettamente inserito in una macchina industriale sia in grado di riconoscerne lucidamente i meccanismi di funzionamento e di portarli sulla scena, facendoli emergere rispetto alla condizione di invisibilità in cui si trovano di solito per lo spettatore. Quello che Hitchcock fa è un meraviglioso discorso sulle proprietà e le caratteristiche dello sguardo cinematografico, di cui riconosce pregi e limiti e di cui l'autore di parla entro una struttura comunque fortemente coinvolgente e narrativa (anche se assai metaforica). A rendere il tutto ancora più meraviglioso, le splendide interpretazioni dei protagonisti, con una Grace Kelly che ancora una volta disarticola il discorso sul gender che si stava canonizzando così perfettamente nel cinema di quel periodo.
VOTO: 10/10

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