martedì 11 giugno 2013

La fiammiferaia



La fiammiferaia di Aki Kaurismaki - Genere: drammatico - Finlandia, Svezia, 1990.

Favola nera contemporanea, ultimo episodio di una trilogia che Kaurismaki dedica agli sconfitti e agli umili. La fiammiferaia è la storia dell'arida esistenza di una ragazza eterea e leggera che lavora - appunto - in una fabbrica di fiammiferi. E' un'esistenza ingrata la sua, senza amore. Il motore della vicenda, che illumina con i suoi silenzi una parte sufficiente del passato della protagonista per capire il suo malessere, è proprio il suo tentativo perennemente insoddisfatto di essere amata, di trovare un proprio posto nel mondo. A fare le spese di questa ricerca sono l'immagine tradizionale della famiglia e la concezione positiva della relazione amorosa: la prima diventa luogo vampirico e parassitario, la seconda viene svuotata e si riduce a copulazione carnale.

Il comparto narrativo procede nell'inedia, raggiungendo quasi la noia per riflettere fedelmente la vita arida della giovane Iris, che si trascina senza interesse fra il suo alienante lavoro in fabbrica, la vita claustrale che conduce in casa e la ricerca di un riconoscimento sentimentale che non riesce ad arrivare. La diegesi è lineare e lenta, dilatata all'inverosimile sino a creare un effetto (certamente volontario) di respingimento, che è un ottimo pendant nei confronti del cromatismo anonimo e grigiastro che colora gli ambienti. I personaggi sono ben caratterizzati da un punto di vista psicologico, sebbene con pochi rapidi tocchi. La fiammiferaia è un film che si consegna quasi completamente al silenzio; le battute sono pochissime e gli scambi dialogici quasi sempre a senso unico, come a rappresentare un generale senso di incomunicabilità che avvolge Iris. 

Sulla volontarietà dell'effetto-noia possiamo essere certi, soprattutto se consideriamo la bellezza della realizzazione, che soprattutto nella fotografia trova la sua vera e propria punta di diamante. Nel disegnare spazi angusti e desolati o nel seguire con sguardo vuoto il procedere meccanico dei marchingegni industriali Kaurismaki rappresenta una artificialità morta, uno sfondo esistenziale in marcescenza che accoglie l'incedere devitalizzato di Iris. Soltanto alla fine della pellicola, quando al suicidio subentra la vendetta, la nostra silenziosa protagonista riaffermerà con forza la sua individualità, risarcendo con la morte tutti coloro che l'hanno lentamente uccisa. Poco importa se alla fine due poliziotti la scorteranno via (non sappiamo se per interrogarla o per incarcerarla, questo Kaurismaki non lo dice e forse non lo sa), Iris sarà comunque riuscita a urlare pur senza voce, rivendicando la propria esistenza fino a quel momento passata sotto un'alone di anonimato.
VOTO: 7.50/10

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