martedì 11 giugno 2013

Tre colori: Film rosso



Tre colori: Film rosso di Krzysztof Kieslowski - Genere: drammatico - Francia, Polonia, Svizzera, 1994

Terzo capitolo della trilogia kieslowskiana dedicata ai colori e ai valori cardine della bandiera francese ed ultimo film del regista, prematuramente scomparso dopo la sua realizzazione. Rosso riprende i meriti dei due film precedenti, rinnovandosi profondamente tanto nella forma quanto nel contenuto, per giungere infine a un rovesciamento generale del messaggio complessivo, che ci permette di riconsiderare il senso anche dei due lavori precedenti. Al livido pessimismo di Blu e alla inattingibile ricerca di Bianco, subentra in Rosso una riflessione sul senso del dovere, che schopenauerianamente oscilla fra due estremi.

Da una parte un insopprimibile senso del dovere anima l'incedere della protagonista, che maternamente si configura come un elemento di salvazione per tutti coloro che incontra sul suo cammino. Tanto il cane che salva quanto il vecchio giudice in pensione sono entità che filmicamente esistono e agiscono in relazione alla sua presenza. Al contempo è proprio l'anziano giurista che bilancia e rende dinamica questa spinta, con la sua misantropica tendenza a considerare ogni individuo come intimamente malvagio. Vettore di questa sua consapevolezza sono le intercettazioni telefoniche, che diventano per lui una sorta di mania e un infantile ripiegamento ai tempi del suo unico vero amore, un ritorno amniotico alle origini. L'ultimo elemento di questo sistema in movimento è rappresentato dal giovane studente di legge che, come figura dell'arcigno voyeur uditivo, legherà la sua esistenza a quella della modella protagonista.

I pezzi si incastrano perfettamente e il film assume una struttura a puzzle, nonostante un andamento diegetico piuttosto lineare. La forma è quella di un arazzo, sul modello di quello intarsiato da Ioselliani in Addio, terraferma! In questo caso la situazione è analoga, anche se non predomina un uso quasi danzante del piano-sequenza, come invece avveniva in quel caso. In Rosso la composizione è invece semplice dal punto di vista formale; nonostante la perfezione fotografica vengono almeno parzialmente abbandonati o smussati i giochi tecnici che avevano animato Blu e solo parzialmente Bianco. La storia assume un andamento più serrato; sembra essere più importante il cosa che non il come.

Molto interessante è poi tutta la riflessione che può scaturire dall'analisi della prima parte dell'opera, in cui è centrale l'elemento dell'intercettazione telefonica e, più in generale, dell'ascolto delle conversazioni altrui. In effetti è bene notare che il telefono ha una funzione essenziale nell'economia dei rapporti di Rosso, visto che per esempio anima la "relazione" fra la protagonista e il suo anonimo uomo (che esiste e parla solo per tramite del telefono). Come  ne La conversazione di Coppola, anche qui l'idea dell'ascolto è centrale e vale la pena chiedersi quale sia il grado di narratibilità di ciò che si ascolta; come dice Valentine, è giusto che ognuno abbia i propri segreti (?) oppure ci sono dei contesti in cui l'intercomunicabilità deve essere assoluta?

Infine va notata la chiusa di Rosso, che chiude il cerchio di tutti e tre i film con un messaggio ottimistico. I protagonisti di tutti e tre i lavori di Kieswloski si ritrovano su un battello che affonda e, fra tutti i morti a causa del disastro, loro sono fra i salvati. E' sufficiente questo per dare l'idea di uno sguardo che protegge, della possibilità di una salvezza che compensa il vissuto individuale e nel contempo lo trascende. Si annullano così i finali eticamente neutri tanto di Blu quanto di Bianco, che traggono nuovo senso interpretativo proprio da questa breve, ma estremamente significativa, sequenza finale.
VOTO: 8/10

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