sabato 22 giugno 2013

Le monde nous appartient


Le monde nous appartient di Stephan Streker - Genere: drammatico - Belgio, 2012

La nostra esistenza è costantemente riempita di tragedie silenziose, episodi di violenza interpersonale o auto inflitta in cui vite dimenticate si spengono con violenza oppure lentamente, lasciandosi andare senza reagire. Quanti individui vediamo ogni giorno per la strada e quanti di questi la sera non rivedranno la propria famiglia? È il disagio del flaneur, la spada di Damocle della modernità, diretta conseguenza della perdita di abitabilità dello spazio. Il mondo ci appartiene, ma è diventato un luogo altro da noi.

Il film di Streker è un manifesto alla vacuità dell’oggi, ma non ha l’aria di esserlo. È un’insieme di storie, un arazzo post-moderno dove le esistenze più diverse si incrociano senza esserne consapevoli. Ognuno ha i propri demoni da combattere (il rapporto familiare, un amore non corrisposto, il gioco…) ma il dramma individuale è incomunicabile agli altri e tutti sono chiusi in una solitudine senza scampo. Circondate dall’abisso, le figure di Le mond nous appartient giostrano freneticamente in cerca di una salvezza, che trovano nei più diversi espedienti. Alla fine, però, rimane solo un grande senso di vuoto.

È un senso di vuoto acre, che non lascia scampo perché non ha senso ed è costantemente stemperato da false relazioni sociali che costruiscono il simulacro di una vita felice. Ma, al di là della diegesi principale, che dipinge le miserie e i sogni dei due giovani protagonisti, di questo film rimangono soprattutto le sequenze extra-narrative, che con uno sguardo quasi scientifico, riprende senza giudicare frammenti di vita fini a sé stessi.

Il regista si diverte a scompaginare i tempi del racconto, che si frammentano in unità minimali destinate a ricomporsi solo in virtù di un piacevole (auto)compiacimento visivo, che passa attraverso un uso sapiente e intelligentissimo dei processi di montaggio e un ricorso mai banale alla musica, che diventa a sua volta fattore compositivo. È proprio grazie a una buona dose di sperimentalismo che il film si situa su un livello qualitativo decisamente alto, che riscatta anche la presenza di alcune sequenze poco riuscite.



I fili della storia si ricompongono nel finale, che ripropone e amplifica tutte le suggestioni di questo breve ma estremamente riuscito prodotto belga che, per citare una splendida frase di Giacometti, rappresenta il vuoto che ti cammina accanto, facendotelo dimenticare. 
VOTO: 8/10

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