martedì 11 giugno 2013

V/H/S/2



V/H/S/2 di Autori vari - Genere: horror - USA, Canada, Indonesia, 2013

E' la prima volta che mi trovo nella situazione di dover recensire un film che, al di là del genere di appartenenza (horror/gore in questo caso), presenta una struttura antologica. Si tratta di una tradizione felice del cinema, anche italiano (si pensi a Capriccio all'italiana in cui compare lo splendido Cosa sono le nuvole di Pier Paolo Pasolini). Per rendere ragione delle diversità degli episodi che compongono questo lavoro internazionale appena uscito nelle sale statunitensi, dividerò la recensione analizzando separatamente la cornice narrativa e le quattro storie che si inseriscono in questa struttura generale. Mi permetto solo di segnalare che nel complesso il film è decisamente interessante e i suoi elementi di forza potrebbero essere considerati come dei punti di partenza per una riscrittura del genere horror; in generale credo che la formazione antologica sia particolarmente interessante proprio perché la breve durata si presta ad essere laboratorio di analisi di nuove strategie linguistiche.

Tape 49 (Cornice narrativa - regia di Simon Barrett)
Sulla cornice narrativa che lega le varie storie narrate nella pellicola, non c'è molto da dire. In realtà è la parte meno riuscita di tutto il lavoro, che si presenta in modo più tradizionale nonostante sfrutti la tecnica della soggettiva e del found-footage. Il problema è che la tecnica qui non lascia spazio a indagini più complesse e il risultato è piuttosto mediocre. Anche a livello di progressione narrativa si tratta di un frammento piuttosto inutile, che lascia tutto avvolto nel mistero e alla fine sfocia in un finale abbastanza prevedibile ed eccessivamente citazionista. 
VOTO: 5/10

Phase 1 Clinical trials (regia di Adam Wingard)
Chiaramente ispirato ai più celebri titoli dell'horror giapponese e orientale in generale, si basa completamente sull'idea della possibilità di vedere i morti, possibilità che viene scientificizzata veicolando il concetto che è possibile percepire le presenze dell'aldilà grazie ad impianti che implementano i sensi e captano delle frequenze che normalmente non sono attingibili. Il lavoro è decisamente ben fatto: i colpi di scena sono un po' prevedibili ma la soggettiva sul protagonista è suggestiva e il rapporto con il suo occhio è la parte migliore di tutto questo nodo narrativo. Il nostro sguardo è costantemente sovrapposto al suo e questo appaiamento mette in seria crisi la nostra percezione: il finale è veramente ben fatto e l'estrazione dell'occhio corrisponde alla nostra separazione dal protagonista, separazione in seguito alla quale lui passa a miglior vita (come a dire che la sua essenza era intimamente cinematografica e che esisteva per farci guardare la sua vita).
VOTO: 8/10

A ride in the park (regia di Eduardo Sanchez)
Classica riproposizione dello schema zombie-movie, mutuato perfettamente da un titolo come REC. Anche qui la progressione narrativa è di per sé molto banale e alla lunga, ripetitiva. Si salvano alcune trovate abbastanza interessanti che concernono, come sempre, la posizione del nostro sguardo in relazione a quella dei personaggi: per la prima volta (?) in tutta la storia del cinema, assumiamo il punto di vista di uno zombie e questo è già un interessante passo avanti rispetto ai prodotti medi del genere.
VOTO: 6/10

Safe Heaven (regia di Gregg Hale, Gareth Huw Evans e Timo Tjahjanto)
Abbastanza scontato che un film come V/H/S/2, che risulta profondamente ispirato dal cinema asiatico, avesse proprio in una non precisata zona dell'Asia, uno dei suoi episodi. A fare da sfondo alla vicenda, molto bella da un punto di vista diegetico e ben realizzata a livello formale, è l'idea (abbastanza masticata) di una setta religiosa che propugna un'imminente fine del mondo, con la relativa salvezza di tutti i suoi credenti. Tutta l'atmosfera, dalla prima inquadratura all'escalation finale in stile Suicide club è profondamente permeata di uno spirito nipponico o più generalmente legato al cinema del Sol Levante. Il finale è decisamente interessante e, anche se assume tinte decisamente gore, risulta gradevole per la realizzazione dell'idea escatologica che sorregge tutto il sistema
VOTO: 7/10

Alien abduction slumber party (regia di Jason Eisener)
Una vera e propria caduta di stile, sia a livello narrativo che a livello formale. Al di là della generale implausibilità della trama (cosa che ovviamente era comune agli altri episodi, ma qui si esagera...), tutto il concetto estetico che sottendeva il film sembra venire meno e non si percepisce più la stessa freschezza e la lucidità con cui la retorica del found footage e la ripresa in soggettiva venivano usati nei precedenti tre frammenti. Anche qui possiamo salvare l'intelligenza di alcuni passaggi, ma siamo ben lontani dai livelli illustrati poco sopra; peccato.
VOTO: 4.50/10

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