lunedì 10 giugno 2013

Mysterious Skin



Mysterious skin di Gregg Araki - Genere: drammatico - USA, 2004

C'è una scrittura del dramma che, tanto a livello letterario quanto a livello prettamente cinematografico, mette continuamente in discussione la possibilità stessa del narrare. Un ottimo esempio lo troviamo in Tarantino, che con l'ultimo Django veicola fortemente l'idea dissacrante e demitizzante di un'esplosione dell'intera storia Americana così come è stata raccontata dai più. A ciò si collega il fortunato discorso di Benjamin sulla storia come manifesto dei vincitori, portandosi dietro un po' tutte le riflessioni della letteratura postcoloniale (Spivak, Guha, ma in un contesto diverso anche Ranciere). Il grande portato di questa teoresi non può non risultare valido anche per quelle narrazioni che riguardano il disastro privato, l'oscurità dell'intimo troppo spesso tacitata e silenziata in virtù di un non sempre limpido finalismo.

La pellicola di Araki si propone di narrare una vicenda del genere, accompagnando lo spettatore e uno dei due protagonisti nell'itinerario di scoperta "archeologica" della verità, nel lavoro di espoliazione del noumeno dalle incrostazioni diacroniche depositatevi sopra in senso psicologico e negoziale. La storia di poche ore diventa il silenzio e il dramma relazionale di due esistenze tanto diverse quanto uguali; due individualità che si confrontano con uno stesso vissuto reinterpretandolo in maniera opposta (legittimandolo il primo, forcludendolo il secondo). 

Il merito di Mysterious skin è quello di mettere lo spettatore nelle stesse condizioni di conoscenza dei suoi protagonisti, facendo venire quasi completamente meno il dogma dell'onniscenza del pubblico. Si tratta di un'iniziativa lodevole, che però non regge completamente alla prova dei fatti: la percezione interrotta dello spettatore non è assoluta e lo sviluppo della trama è in buona parte prevedibile; ciò che il nostro sguardo può fare è accompagnare in maniera abbastanza passiva i protagonisti nell'itinerario esistenziale di ricerca. 

Questo comunque non compromette la godibilità complessiva del titolo che, soprattutto nei momenti più empatici, si rivela carico di una vena sottilmente perturbante, che mette lo spettatore sul banco degli imputati. E' vero che le scene che trattano dello stupro infantile sono censurate, ma la nostra cognizione non può fare a meno di ricostituire la trama di ciò che non ci viene mostrato, con un effetto psicologico decisamente efficace.

Per il resto non si può non notare come il regista si conceda qualche indulgenza estetica, localizzata soprattutto nella prima parte; sono i momenti più riusciti a livello di fotografia e montaggio, che comunque si mantengono discreti lungo tutto l'evolversi della parabola filmica. Nel complesso un film meritevole che, seppure senza esagerazioni, si fa ricordare per la durezza sincera di una narrazione che ha tutto il realismo di cui la vita è capace.
VOTO: 7/10

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