lunedì 3 marzo 2014

Brazil


Brazil di Terry Gilliam - Genere: drammatico/grottesco - Regno Unito, 1985

Terry Gilliam, membro dei Monty Phyton, realizza nel 1985 uno dei miglior film di fantascienza della storia del cinema, secondo alcuni il migliore in assoluto. Non saprei dire se questa affermazione è troppo entusiastica o no, ma sta di fatto che Brazil è veramente un film interessante e originale. Personalissima rivisitazione del capolavoro orwelliano 1984, il mondo che Gilliam mette in scena appare la tragicomica attualizzazione del mondo del Grande Fratello. In una città lacerata dal terrorismo ma in cui non v'è traccia di rovine, il mondo appare dominato dall'esigenza irrefrenabile della burocrazia, dei moduli da riempire, dei timbri e delle procedure tanto lunghe quanto complesse e inutili. Con la sagacia e la pungente ironia che contraddistingue anche i surreali cartoni dei Pyhton, il regista ci racconta il tentativo progressivamente più efficace di un impiegato come tanti altri, perso nei cunicoli labirintici di un archivio, che si sottrae alla routinarietà asfissiante delle sue mansioni in un sogno, dove si figura come un angelo tecnologico in grado di volare al di sopra delle scartoffie e anche di coltivare un sogno d'amore. Scoprirà con piacere che il suo sogno è a portata di mano, ma comporta delle conseguenze non certo secondarie, nella società opprimente di Brazil

Da un punto di vista visivo siamo di fronte a un lavoro di bricolage assolutamente pregevole: Gilliam costruisce un mondo vibrante, vivo e brulicante nella sua eterogenea acefalia a partire dagli spunti più interessanti di tutta un'altra serie di testi, di cui Metropolis e Blade Runner non sono che la punta emergente. L'idea di quanto certosino e geniale sia il lavoro che Gilliam fa sulle citazioni si può avere considerando il fatto che nella parte finale del lungo film il regista riesce addirittura a mimare la celeberrima sequenza della scalinata di Odessa, da La Corazzata Potemkin di Ejzenstejn. Altro riferimento erudito che vale certamente la pena di ricordare ha a che fare con l'architettura della sala delle torture nel Ministero dell'Informazione, che rende visibile il celeberrimo meccanismo pan-ottico teorizzato da Michel Foucault nelle pagine di Sorvegliare e punire

Gilliam ci regala un mondo attualissimo che, al di là delle punte di science fiction, ha degli evidenti e drammatici rimandi alla nostra condizione attuale. A differenza di quanto accade nel romanzo di Orwell e nella sua discreta trasposizione cinematografica, il bilancio complessivo di Brazil, per quanto l'ultima scena dica esplicitamente il contrario, non è per me completamente negativo. Certo, il finale riprende in maniera piuttosto palese quello orwelliano, frantumando le aspettative dello spettatore sull'happy ending. Ma la genialità di Gilliam sta forse soprattutto nell'aver saputo mixare con sapienza e intelligenza la linea distopica e quella grottesco/comica, ponendo un'attenzione particolare ed attualissima sul tema del corpo e delle sue modificazioni. Sorrentino ha vinto ieri l'Oscar per La Grande Bellezza, film meritevolissimo in cui c'è una scena che mette a tema proprio la chirurgia estetica. Ebbene, con uno stile diverso e personalissimo, Gilliam quasi vent'anni fa, raggiungeva un risultato forse anche di maggior impatto.

VOTO: 8.50/10 

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