mercoledì 26 marzo 2014

Amore e Guerra



Amore e Guerra di Woody Allen - Genere: commedia - USA, 1975

Devo ammettere, anche se ormai sarà piuttosto palese, che sono un vero e proprio amante del cinema del primo Allen; per quanto i suoi titoli più recenti non mi entusiasmino (mi manca Blue Jasmine, di cui ho letto molto bene; faccio allusione ad esempio a To Rome with love) è innegabile riconoscere a questo autore una straordinaria capacità comica e un'intelligenza e cultura cinematografica assolutamente fuori dal comune. Come autore di punta dell'ondata di rinnovamento promossa dalla Nuova Hollywood, Allen ha riempito i suoi primissimi film con una serie di citazioni erudite (è evidente il motivo del bergmanismo in questa e in altre opere), che si intrecciano a doppio filo con un uso più libero e sbrigliato degli stilemi moderni messi a disposizione dal nuovo cinema europeo. Così Allen piega una struttura filmica più libera alle sue esigenze comiche, che molto spesso (come accade anche in questo Amore e Guerra) si rifanno ancora una volta a elementi facilmente riconoscibili del comico d'autore. 

Amore e Guerra è a mio avviso uno dei più riusciti film comici di Allen. Pur senza raggiungere il lirismo romantico e disincantato che costituisce la cifra fondamentale dei suoi due capolavori (Io e Annie e soprattutto Manhattan), mi sembra che a partire da qui Allen si allontani almeno parzialmente dalla strada smaccatamente umoristica che aveva caratterizzato ad esempio Prendi i soldi e scappa. La sua comicità si evolve in forme più sofisticate e parodisticamente filosofiche, cosa che si vede molto bene nei dialoghi assolutamente surreali fra Allen e la straordinaria Diane Keaton, qui in una delle sue migliori prove secondo me. Operando una sistematica decostruzione dei miti del romanzo russo dell'Ottocento (penso ovviamente a Guerra e Pace, ma anche a Dostoevskij, con i titoli delle cui opere viene composto un dialogo a mio avviso assolutamente geniale) e di tutta la pomposa stagione del patriottismo anti-napoleonico grazie all'inserimento di parodici anacronismi all'interno della struttura narrativa. L'effetto è ingigantito dalla capacità di Allen di rovesciare di senso anche i più seriosi riferimenti alla storia del cinema, come quelli al cinema muto e in particolare alla poetica di Ejzenstejn (spesso e forse giustamente presa di mira dai film comici realizzati con intelligenza; penso ovviamente alla celeberrima sequenza de Il Secondo Tragico Fantozzi). 

Questa complessa nebulosa di elementi fortemente interrelati fra di loro costituisce secondo me una delle massime espressioni della comicità alleniana, non ancora approdata alle vette dei due capolavori già citati, ma comunque sgrossata dagli elementi ancora incerti delle sue prime produzioni (è da escludere Che fai, rubi? per la particolarità della sua ideazione e messa in opera).

VOTO: 8/10 

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