giovedì 23 maggio 2013

Seul contre tous



Seul contre tous (I stand alone) di Gaspar Noe - Genere: drammatico - Francia, 1998

Dopo la seconda guerra mondiale, dopo la breve ma eversiva esperienza del neorealismo italiano, è stata la nouvelle vague francese a cambiare le sorti del cinema mondiale. Voci over che intessono dialoghi filosofici sul senso della vita, poetica delle inquadrature inutili, tempi lenti, storie vuote ma estremamente suggestive, distruzione del mito dell'eroe hollywoodiano e messa in primo piano dell'umanità dei personaggi, interpellazioni e rottura della finzione filmica. Tutto questo bagaglio di conoscenze è stato preso e rovesciato di significato da Gaspar Noe, che nel 1998 propone, con il suo Seul contre tous ("Solo contro tutti") una nouvelle vague distopica e ancora più antieroica.

Noe violenta le regole del cinema e violenta gli occhi dello spettatore, sia a livello narrativo che a livello compositivo. La storia è asciutta, minimale ma voracemente e carnalmente umana, di un'umanità drammatica che si trova sul fondo, nelle periferie sotterranee di una città tentacolare come Parigi, che è pronta ad aprirti un mondo oppure ad inghiottirti nel più completo anonimato, quando tutte le porte ti si chiudono in faccia. Il fallito cinquantenne che il nostro sguardo segue impietosamente è un anti-Jean Paul Belmondo, fallito anche lui ma dotato di una bellezza veramente materiale; del protagonista di Noe non solo non si può dire lo stesso, ma spesso sale nello spettatore l'orrore per la sua presenza, per il suo fastidioso realismo. 

La voce over non si occupa più del senso dell'esistenza, perché già nel 1998, per Noe l'esistenza un senso non ce l'ha più. La vita non è altro che un obbligo imposto dall'alto in cui degli animali si succedono nel rispetto delle leggi della selezione naturali. Siamo obbligati a vivere, nell'attesa di morire (Sopravvivere è una legge di natura, come si legge nel film). Ma, questo è il grande interrogativo del disgustoso main carachter che Noe porta alla nostra attenzione in tutta la sua debolezza mostrandolo anche nella sua nudità d'uomo grasso e in procinto d'invecchiare, che senso ha la vita (semmai ne ha uno) per qualcuno che ha perso tutto?

Anche dal punto di vista tecnico il film è praticamente ai livelli della perfezione; anche in questo caso tutto è completamente subordinato alla definizione dell'universo senza speranza in cui il protagonista è precipitato e va quindi segnalata la grande capacità del regista di piegare gli strumenti concettuali del linguaggio cinematografico alle esigenze della diegesi pur senza rinunciare a ampi spazi di manovra dal punto di vista dell'estetica e dello sperimentalismo. In particolare ho apprezzato l'uso (se vogliamo molto arcaico ma in fondo decisamente e spregiudicatamente moderno) che è stato fatto delle scritte, che interrompono la visione consentendo di riflettere sulla natura mediale del testo, sono in pieno stile nouvelle vague e sono senza dubbio una delle più alte vette di tutta la pellicola (su tutti troneggia Attenzione: avete 30 secondi per abbandonare la visione di questo film, proprio poco prima dell'escalation finale.

Un film violento, doloroso, ma dotato di una bellezza magnetica. Un peccato che non ne esista una versione italiana (se si esclude la proiezione riservata da Rai3 in fascia notturna e con ampie censure).
VOTO: 9.50/10

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