domenica 26 maggio 2013

Cannibal holocaust



Cannibal holocaust di Ruggero Deodato - Genere: horror - Italia, 1980

Uno dei grossi demeriti del cinema italiano contemporaneo, a prescindere dal genere di riferimento e del regista (qualcuno che si salva c'è sempre, per fortuna),  è l'incapacità di osare, di spingersi oltre alla mediocrità dei prodotti proposti al pubblico sia per quello che riguarda la materia narrata, sia per quanto concerne la messa in forma secondo le categorie linguistiche del cinema. Eppure basterebbe guardare questo ormai abbastanza datato film di Deodato per rendersi conto che c'è stato un momento in cui siamo stati in grado di farlo.

Intendiamoci: umanamente Cannibal holocaust è un film da rigettare completamente. E' abbietto da un punto di vista etico e probabilmente hanno ragione i Paesi (sono più di venti in tutto il globo) che lo hanno vietato o pesantemente censurato. Senza entrare nel merito del racconto della trama, che esula dai fini di questo commento, basti dire che le torture sugli animali rappresentate nelle scene sono assolutamente reali: in particolare è inquietante la scena della tartaruga, dove i protagonisti - per nutrirsi - aprono il carapace di una testuggine e ne rovistano gli organi interni.

Dal punto di vista narrativo, poi, il film non è di per sé nulla di originale. E' un classico del genere e ha dettato l'impianto standard di questa tipologia di film, vantando una generatività molto elevata (sono moltissimi gli omaggi e i riferimenti al lavoro di Deodato in altri film, senza contare un sequel), ma la vicenda è semplice e lineare. Ciò che colpisce, in un film di cannibali che dovrebbe (almeno, così siamo stati abituati a credere) consumarsi in una carneficina autoreferenziale, è la cura posta nel rappresentare ciò che succede. In particolare non viene mai meno nel regista, la presa di coscienza che per praticamente metà del film, il pubblico di Cannibal diventa spettatore di secondo grado e - insieme ai personaggi della pellicola - guarda il girato di altre persone.

Ebbene in tutte queste sequenze (o almeno in buona parte di esse), la regia ha avuto l'accortezza finissima di mantenere il rumore di fondo della bobina che gira, srotolando il nastro a ventiquattro fotogrammi al secondo. Questa consapevolezza, insieme ad altri piccoli trucchi messi in opera in fase di post-produzione, permettono agli spettatori più attenti di trascendere il livello della mera fattualità narrativa e di riflettere sulle implicazioni etiche ed estetiche della visione di una pellicola come questa. Quali sono le condizioni di visibilità di un'opera cinematografica? Ci sono dei confini che non dovrebbero mai essere superati? Quale dev'essere il giudizio della critica su un prodotto controverso?

Cannibal holocaust non è un semplice film di cannibali, tutto sangue e torture. A questi elementi si deve necessariamente aggiungere la considerazione che lo stesso regista era evidentemente consapevole dello statuto di immagine-limite che il suo lavoro si trovava ad avere. La grande intelligenza messa in campo ha consentito di salvarlo dalla stereotipicità e dalla semplice citazione come uno dei film più censurati della storia del cinema.
VOTO: 7.50/10

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