mercoledì 22 maggio 2013

Morituris



Morituris di Raffaele Picchio - Genere: horror - Italia, 2011

I film d’exploitation, che li si ami o che li si detesti, fanno parte del cinema e per quanto spesso non siano altro che un prodotto di genere vanno considerati come lo specchio dei tempi che stiamo vivendo, che si consumano voracemente su loro stessi. E’ interessante vedere quindi come l’italiano Raffaele Picchio, alla sua opera prima con Morituris, decida di interpretare questo linguaggio. Il film, che ha fatto largamente discutere, è stato vittima di censura; la cosa inquietante di tutto questo non è tanto che la pellicola nostrana sia stata così ampiamente osteggiata, ma piuttosto che mentreMorituris non trova una sala dove venire trasmesso, gli spettatori si lavano tranquillamente con il sangue dei protagonisti del remake de La Casa (e Picchio di sangue, ce ne mette molto di meno).
Come che sia, rimane il fatto che prima di vedere il lavoro in questione non possono non venire in mente i grandi nomi del genere, soprattutto quello di Ruggero Deodato e del suo celeberrimo Cannibal holocaust. C’erano tutte le fonti per compiere una buona operazione cinematografica e riportare alla luce un piccolo primato della nostra nazione, eppure sembra che il regista non abbia voluto andare fino in fondo e si sia prudentemente assestato su un prodotto che promette qualcosa ma alla fine lascia quasi nulla.

La cosa che colpisce negativamente di tutto questo lavoro non viene tanto dalla regia, che comunque riesce a destreggiarsi discretamente bene sulla materia narrativa (escludendo alcune inquadrature poco felici), ma di tutto il resto. Anzitutto non si riesce bene a capire il motivo di fondo per cui a un certo punto, una strada tutto sommato credibile, per quanto già battuta, alla Non violentate Jennifer non potesse essere ultimata. Probabilmente non vale neppure la pena di chiedersi se ci fosse davvero bisogno di inserire nell’evolversi della diegesi tutta l’imbarazzante parentesi sui gladiatori romani che appaiono dalla nebbia in pieno stile ghost movie; la risposta è piuttosto ovvia. Tutta la seconda parte della pellicola è un gigantesco disastro, peraltro molto noioso, dove anche le scene di uccisione e quelle di tortura risultano essere mortalmente lente. 
Fra l’altro, anche nella prima parte del film (che è decisamente la migliore), sembra esserci una specie di freno che impedisce di abbracciare fino in fondo la dimensione sporca, nuda e cruda di questo tipo di lavori cinematografici. Da questo punto di vista i momenti migliori sono senza dubbio quelli in cui si vede il misterioso amico dei tre protagonisti, vero e proprio depravato dotato di un fascino macabro e malato. È sorprendente come, in questi passaggi, anche la qualità dell’inquadratura migliori sensibilmente e i colori diventino allucinati e psichedelici. Per tutto il resto del tempo, quasi tutto viene censurato, cola un po’ di sangue ma il già poco perturbante stupro (a confronto quello di Meir Zarchi è certamente di un altro livello) viene completamente oscurato dal posizionamento della macchina da presa.
Sorprendentemente ben fatti appaiono invece l’incipit - che introduce tutta la vicenda utilizzando sapientemente un’immagine invecchiata e dalla consistenza materica che si percepisce soprattutto nei momenti di intervallo fra le immagini – e la conclusione, splendida sotto il profilo della composizione dell’inquadratura e dell’uso del montaggio per la marcatura dei dettagli. Un peccato che non si sia potuto fare di meglio, forse anche a causa di una recitazione non sempre impeccabile da parte del cast. 
VOTO: 4/10

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