giovedì 8 maggio 2014

Django Unchained



Django Unchained di Quentin Tarantino - Genere: azione - USA, 2012


A volte si ha bisogno di colmare le proprie lacune. In questo caso la mia riguardava un clamoroso successo commerciale di pochi anni fa, di cui peraltro ho sentito parlare davvero molto sia da parte del pubblico che da parte di "specialisti" del settore. Django Unchained, riedizione tarantiniana di uno spaghetti western di qualità neppure troppo elevata, è da una parte un punto di svolta e dall'altra parte una conferma del cinema di Tarantino. E' una novità perché è il film più lungo da lui diretto, il primo in cui Tarantino va a scavare in un'altra delle grandi ferite del popolo americano. E' una conferma perché si deve comunque ammettere sinceramente che Django non aggiunge molto a quanto già affermato, forse con più forza e convinzione, in Bastardi senza gloria. L'idea teorica è la stessa; qui si aggiunge una più evidente passione per il cinema di genere, ripreso con criterio spesso filologico e un ritorno a un gusto smaccatamente e spesso umoristicamente splatter già visto in modo ben più drammatico ne Le Iene.

Dal punto di vista della qualità registica, non si possono muovere critiche di sorta. Tarantino sa come muoversi agilmente e con convinzione utilizzando sempre uno stile eclettico e ultracinematografico, piegato di volta in volta alle sue esigenze. Ma se Bastardi rappresentava per me il capolavoro (o uno dei capolavori) del Nostro, Django ha degli evidenti problemi, che però non chiamerei veri e propri difetti. Mi pare che lo stile di Django e molte delle scelte che lo hanno generato siano il risultato di uno stile mutuato senza troppe differenze dal precedente successo, il che a mio avviso ha generato un prodotto piuttosto sterile e manieristicamente incancrenitosi su un risultato già raggiunto. Clement Greenberg in un suo famoso saggio, parlando del rapporto fra avanguardia e kitsch, fa riferimento al concetto di alessandrinismo accademico e immobile, che mi pare calzante per il caso in esame.

Intendiamoci, Django Unchained rimane comunque un film ben realizzato e gustoso dal punto di vista dell'appealing. La straordinaria interpretazione di Cristoph Waltz (già apprezzato nel precedente film di Tarantino) così come il cameo di Franco Nero garantiscono al film una certa presa. Ma, ad esempio, c'era davvero bisogno di prolungare il film sino alla sua conclusione ultrapop? Non sarebbe stato sufficiente calare il sipario dopo la mattanza realizzata da Django a Candyland? Del tutto irrilevanti mi sembrano invece le polemiche sorte all'uscita del film sull'utilizzo del termine "negro"; credo che chiunque sia in grado di approcciarsi a un testo sull'argomento con maturità sappia (o dovrebbe sapere) discernere con facilità le scelte estetiche e quelle etiche (anche se di questi tempi e nel caso di un regista polemico come Tarantino mi rendo conto che possa essere difficile); lo stesso valga per le tanto discusse scene di violenza: ad eccezione della lotto fra mandingo, davvero d'impatto, non ho trovato tutto questo surplus di insistenza sul corpo ferito. Spesso, anzi, mi pareva che le scelte in questo senso fossero più umoristiche che altro.

Django Unchained è in definitiva un film riuscito solo a metà e che mi ha parzialmente deluso. E' comunque una visione consigliata a tutti gli amanti di Tarantino e non, almeno per la sua grande riuscita tecnica.
VOTO: 6/10

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