martedì 8 aprile 2014

Pulse



Pulse (titolo originale: Kairo) di Kiyoshi Kurosawa - Genere: horror/thriller - Giappone, 2001

Forse fra i grandi capolavori dell'horror giapponese, quelli che hanno contribuito a definire il rinnovamento degli anni Zero all'interno del genere godendo di una pervasività enorme legata non tanto ai sequel ma piuttosto ai remake americani, che ho recensito e visto sino ad oggi, Pulse merita il primo posto per quanto riguarda la complessità dell'intreccio e la vastità delle implicazioni teoriche e/o filosofiche che si porta dietro. Ben più dell'osannatissimo Cure, del medesimo Kurosawa, Pulse si presenta come un titolo che è stato in grado, in tempi decisamente non sospetti, di raccontare con una visionarietà disarmante alcuni dei tratti più significativi della contemporaneità attuale. 

Entro la cornice tradizionale dell'horror che potremmo definire con un termine sicuramente improprio "d'apparizione", nel quale delle entità non meglio definite comunicano in qualche modo con il mondo fenomenico, Kurosawa riesce ad inserire, seppure in maniera non sempre convincente, una dimensione cosmica che amplifica enormemente la drammaticità del racconto. Ring non ha avuto questa fortuna, anche se nel romanzo Loop (che conclude il ciclo dal cui titolo di testa il film è tratto), Koji Suzuki fa un ottimo e riuscitissimo tentativo in questo senso. Tornando a Pulse, Kurosawa mette in scena con una grande lucidità e capacità di racconto il Giappone di fine anni Novanta/inizio anni Zero usando il computer come interfaccia di analisi. Questo gli dà la possibilità di analizzare alcuni dei fenomeni oggi più comuni legati all'uso della rete, ma all'epoca incredibilmente innovativi (mi riferisco ad esempio alla condivisione di immagini in streaming, al problema dell'identità dietro lo schermo, alle conseguenze psicosociali delle reti telematiche etc). Il tutto prende corpo attraverso una grande capacità scenica, che si esprime in una composizione solidissima e strutturata su più piani, cui corrisponde un uso libero della macchina da presa e del montaggio.

Ma se il tutto si limitasse a questo, la grande fama di Pulse sarebbe almeno in parte ingiustificata. Ciò che rende questo titolo capace di imporsi a livello mondiale come uno dei titoli capitali dello scorso decennio è senza dubbio la sua capacità di trasfigurare i dati accidentali in universali, cosa che consente a Kurosawa di ipotizzare, nel finale del film (che è senza dubbio la parte meno riuscita) una globalizzazione del dramma di cui l'opera racconta. Più importante sembra però il modo di trattare i corpi fantasmatici, che significativamente si riducono a macchie nere quasi putrescenti o a un pulviscolo fluttuante che è impossibile trattenere. Corpi disintegrati, immagini della catastrofe; per me, concrezioni visive del dramma di Hiroshima.

VOTO: 9/10 

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