mercoledì 2 aprile 2014

Grazie zia



Grazie zia di Salvatore Samperi - Genere: drammatico - Italia, 1968

Che i tardi anni Sessanta siano stati un'epoca agitata è cosa piuttosto nota; il '68 in particolare è da sempre legato a un ben preciso clima contestatario e (ancora) non ingenuamente giovanilistico come spesso si tende a dire in qualità di privilegiati ascoltatori di storie postume. In Italia, nel breve volgere di un paio d'anni, vedono la luce almeno tre titoli che hanno avuto un significato profondo per il rinnovamento del cinema italiano dal punto di vista del linguaggio e delle tematiche: I pugni in tasca (Marco Bellocchio, 1965), Escalation (Roberto Faenza, 1968) e il qui presente Grazie zia. Meno nota del film di Bellocchio, la pellicola di Samperi affronta in maniera lucida e disincantata il rapporto torbido e pruriginoso che si sviluppa fra una zia e il proprio nipote falsamente disabile. Erroneamente considerato un film erotico a causa della storia morbosa che si sviluppa fra i due protagonisti, Grazie zia è in realtà uno splendido esempio di un cinema che si avviava a grandi passi nell'alveo della cosiddetta modernità. Cinema arrabbiato, che urlava con violenza e grande eversività visiva la sua necessità di dire qualcosa a tutti i costi. 

La bella Lisa Gastoni, quintessenza di una femminilità procace eppure estremamente fragile, danza ossessivamente sul palcoscenico dei desideri, manovrata abilmente da un Lou Castel bravo ma non all'altezza della sua partner femminile. Ciò che se ne ricava è un sismogramma dei sentimenti, raccontato da Samperi con grandissima eleganza e capacità di resa visiva, realizzata soprattutto grazie a un uso più libero della fotografia e del montaggio, che procede per associazioni spesso libere o quantomeno non immediatamente ascrivibili al sistema classico dei raccordi. 

Il film, di per sé per nulla spiacevole, è però poco più di questo. Al di là di alcune perplessità sul ritmo della vicenda e sul trattamento dell'intreccio drammatico, la regia di Samperi per quanto interessante sotto il profilo visivo rischia spesse volte di sconfinare pericolosamente nella pura esibizione degli stilemi tecnici. Il che non è assolutamente un male, ma nel caso di un intreccio forte come appare quello di Grazie zia, il risultato complessivo può finire col risultare eccessivamente appesantito. Ed è proprio quello che succede qui, dove tutta la prima parte sembra quasi perdere di utilità e la seconda finisce per smarrire gran parte del suo fascino. Un peccato, che però non pregiudica completamente il giudizio inevitabilmente positivo su un lavoro ben realizzato e importante dal punto di vista storiografico.

VOTO: 6.50/10 

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