giovedì 17 aprile 2014

La sottile linea rossa



La sottile linea rossa di Terence Malick - Genere: drammatico/guerra - USA, 1998

Malick è un regista nei confronti del quale ho difficili problemi di rapporto e non mi vergogno certo a riconoscerlo. Di più, posso dire tranquillamente che, per quelli che sono i miei gusti e in base a quello che cerco dal cinema, lui di certo non mi piace e non è uno dei registi che apprezzo in senso assoluto, soprattutto considerando l'impressione abbastanza negativa (The tree of life) o molto negativa (To the wonder) che mi hanno fatto i suoi ultimi film. Probabilmente si tratta di un mio limite e su questo ovviamente si può discutere, ma tant'è. Ero molto scettico dunque quando ho deciso di prendere in mano questo La sottile linea rossa, film arrivato in Italia quasi parallelamente al forse più noto film spielbergeano Salvate il soldato Ryan, il quale senza dubbio costituisce un esempio solo mediocre di come si possa realizzare un film sulla guerra. Ero intimorito dalla durata colossale dell'opera, lunga quasi tre ore, e i miei trascorsi con Malick non mi lasciavano ben sperare. Fortunatamente, posso ammettere in tutta tranquillità, che questo film è veramente ben fatto e mi ha molto colpito (anche se questo, va da sé, non modifica la mia opinione sul regista o sui suoi ultimi titoli). 

Preciso subito: personalmente credo che ci troviamo di fronte a un lavoro del quale si potrebbe parlare per ore, confrontandosi su argomenti molteplici, come l'appartenenza di genere; io stesso sono restio a classificarlo primamente come film di guerra, ma le generalizzazioni a volte aiutano e sono comunque una indicazione fondamentale per il pubblico. Come mi è capitato di fare più volte con film particolarmente complessi, mi limiterò a gettare qualche elemento interessante, senza pretese di completezza o sistematicità; senza dubbio si tratta di una visione che merita di essere fatta. 

Al di là di una regia che, come sempre in Malick (e questa è la parte migliore dei suoi ultimi film) è attentissima e dal punto di vista della fotografia è probabilmente insuperabile in quanto a bellezza e pulizia, il grande merito che dev'essere tributato al regista de La sottile linea rossa è relativo alla sua grande capacità di non ridurre il tema bellico a una sequela di combattimenti infarciti di una retorica stanca e troppo spesso manichea (come nel caso del buon Spielberg). Durante il racconto, non per questo meno crudo, della conquista da parte dell'esercito americano di una posizione strategica in Oceania nella Seconda Guerra mondiale, Malick riesce a ritagliare uno spazio concreto per divagazioni (nel senso più alto del termine) di una voce speculativa che si trova a riflettere su problemi ontologici o comunque smaccatamente filosofici. Questo fa in modo che il film possa elevarsi e assumere un tono speculativo che coinvolge tutti i personaggi, interpretati, in maniera sempre apprezzabile, da un cast importante dove si contano vari nomi del cinema di un certo livello di oggi e dell'immediato passato. 

Ho detto personaggi, perché proprio per evitare i facili eroicismi della guerra (soprattutto della Holy War del 1939-45), Malick sembra rigettare l'idea di uno o più protagonisti e affida il suo lavoro a una conduzione corale che snocciola, domanda dopo domanda, un poema drammatico e toccante che esula dalla guerra e finisce col parlarci profondamente della nostra condizione come esseri viventi. 

VOTO: 8/10 

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