lunedì 10 febbraio 2014

Pulp Fiction



Pulp Fiction di Quentin Tarantino - Genere: thriller, drammatico - USA, 1994

Questo è il primo film di Tarantino che recensisco sul mio blog. Sacrilegio? Forse, visto che ho amato follemente i due Kill Bill ancor prima di sapere qualcosa di come funzionasse il linguaggio cinematografico. Ma la verità è che a me Tarantino non piace, lo trovo una persona fastidiosa e il suo stile non corrisponde a quello che preferisco e ricerco costantemente quando guardo un film. Il senso della critica però, almeno per come la intendo io - e non per tutti è così a quanto sembra -, è quello di formulare giudizi motivati che preludano almeno in parte dalle preferenze personali. E allora, così come i quadri di Monet rimangono assoluti capolavori pur non piacendomi, non posso non riconoscere (forse con un po' d'umiliazione, perché Tarantino alla fine ha vinto?), che Pulp Fiction merita un posto di diritto nella storia della cinematografia mondiale.

I motivi sono molti e su Tarantino e questo suo film sono stati spesi fiumi d'inchiostro reale o digitale, considerando anche che la sua personalità particolare ha favorito l'emergere di fenomeni di fidelizzazione assolutamente significativi. Secondo me una delle ragioni profonde del successo e della genialità di questo film stanno nel fatto che è riuscito a divenire un fantastico trait d'union fra due momenti fondamentali del cinema: il postmoderno come cifra stilistica in qualche modo definita da una unità di intenti chiara e riconoscibile e il variegato emergere di tendenze non banalizzabili sotto un comune denominatore che costituisce una delle cifre più caratteristiche della contemporaneità (o forse della nostra visione di quest'ultima, visto che la distanza storica ci offusca in qualche modo la vista). In Pulp Fiction, crogiuolo citazionista intessuto di rimandi ultrastratificati a formare un arazzo affascinante e inestricabile, sono contenuti in potenza buona parte dei capolavori del passato (un po' di western all'italiana, Easy rider etc.), la produzione futura del regista (il riferimento a Carradine e la sequenza della katana non possono non richiamare Kill Bill) e una buona parte delle tendenze di genere attuali (Hostel, di cui Tarantino è stato non a caso produttore esecutivo). 

Lo stile registico gestisce questo complesso mosaico in maniera fresca e vivace ma sorprendentemente controllata, non c'è niente che sia fuori posto e tutto torna magicamente anche all'interno di una struttura narrativa che scompagina qualsiasi linearità narrativa molto prima di Nolan (e Nolan è un altro autore che non amo, ma questa è un'altra storia). E' difficile scrivere una critica di Pulp Fiction che non ne sia un'analisi dettagliata e non è questo lo scopo di una recensione, probabilmente. Qui più che altrove vale la pena di invitare tutti a confrontarsi con questo capolavoro (un po' mi duole ammetterlo); anche gli scettici non rimarranno delusi.

VOTO: 10/10 

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