mercoledì 19 febbraio 2014

Carrie: Lo sguardo di Satana



Carrie: Lo sguardo di Satana di Brian de Palma - Genere: thriller - USA, 1976

La sterminata produzione di Stephen King ha sempre dato origine a diverse trasposizioni cinematografiche, più o meno riuscite (da Misery non deve morire a Grano rosso sangue, tutt'altro che imperdibile). Essendo uscito il remake di questo film di de Palma non molto tempo fa, ho deciso di guardarmi l'originale per poter eventualmente farmi un'idea più precisa della riuscita della cover di Kimberly Pierce. Come sempre, anche se bisognerebbe farlo per essere veramente "professionali", non tratterò dei rapporti fra testo di partenza e film, perché non conosco il lavoro di King e perché questo fuoriesce dai miei interessi attuali. Cercherò quindi di proporre una serena valutazione del lavoro cinematografico proposto, senza addentrarmi nei meandri della variantistica romanzo/film. Come spesso accade per i film tratti dai testi di King, o almeno come mi è capitato di vedere in quelli che ho analizzato, l'inizio è stato tutt'altro che promettente: anche in de Palma si percepisce senza difficoltà il tentativo di rendere un'atmosfera ben precisa, ansiogena e che permea dall'interno le immagini e la vicenda. Il problema è che qui come spesso accade altrove il tutto si rivela abbastanza macchinoso e aneddotico: nel caso specifico una trama veramente troppo prevedibile viene amplificata da una recitazione non certamente imperdibile e soprattutto da uno stile troppo limpido e chiaro. 

Stavo già per gettare la spugna quando, dopo un'ora buona di film, il tocco registico di de Palma si fa vedere e sentire. A partire dalla scena del ballo fino alla fine della pellicola, lo stile sembra subire un cambiamento radicale  e si avvia con grande efficacia verso un uso più libero degli elementi filmici, sopratutto per quello che riguarda fotografia e montaggio. Nella scena culminante del film, quella che segue lo scherzo del ballo studentesco, de Palma si riprende grandemente, utilizzando la luce in maniera espressiva (o espressionistica?) per dare perso e spessore alla situazione, aiutato anche da un uso non ingenuo dello split screen (che, in ogni caso, forse non aveva molto senso di essere in questo prodotto). In ogni caso, al di là di personali valutazioni di gusto, direi che tutta la seconda metà del film ne risolleva fortunatamente le sorti di un lavoro altrimenti destinato (giustamente) al macero.

Il risultato complessivo non è eccessivamente spiacevole, ma si percepisce un po' la frizione fra le due parti. Per ragioni di ritmo, peraltro, escluderei che si sia trattato di una scelta intenzionale realizzata per comunicare il cambiamento dello stato emotivo di Carrie, peraltro recitata molto bene da Sissy Spacek. 

VOTO: 5.50/10

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