lunedì 23 settembre 2013

Un giorno di ordinaria follia



Un giorno di ordinaria follia di Joel Schumacher - Genere: drammatico, thriller - USA, Francia, Regno Unito, 1993

Prendere il sogno americano e rovesciarlo di segno, mostrare il lato oscuro della tranquilla vita borghese. Il film ormai non più recentissimo di Schumacher ci proietta nella spietata crudeltà del mondo metropolitano, con le sue ipocrisie e le sue contraddizioni: il logorante immobilismo di un inutile ingorgo autostradale, ripreso con una maestria fuori dal comune, fa da incipit al drammatico scivolamento di un convincente Michael Douglas nella spirale della follia. La parte più convincente di questo lavoro sta proprio nella prima metà, quando il desiderio pseudoanarcoide del protagonista non è ancora completamente definito e risulta estremamente affascinante. Il montaggio alternato mette lo spettatore in guardia sullo sviluppo della storia, segnalando la presenza di un filo rosso che si inspessisce progressivamente connettendo fra di loro i vari personaggi, in verità in modo piuttosto prevedibile. 

Man mano che la vicenda si definisce e le relazioni si fanno più chiare la vicenda perde di smalto e risulta in fin dei conti abbastanza accademica. Rimane buona la caratterizzazione psicologica del personaggio interpretato da Douglas, che non perde il fascino oscuro e delirante che lo caratterizzava. Lo stesso non si può dire per tutti gli altri interpreti che finiscono con il ricoprire dei ruoli standardizzati e, per quanto riguarda il detective Prendergast, addirittura televisivo. Anche le modalità della progressione narrativa non sono, in realtà, molto originali: tutta la vicenda assume quasi un sapore videoludico con Bill Foster che, a spese delle sue vittime, si guadagna delle armi sempre più pericolose fino che, sul finale, non si ritrova praticamente disarmato. 

Lo stile della pellicola è trasparente e rende facile la lettura allo spettatore: i personaggi sono costruiti su opposizioni binarie destinate a rovesciarsi nella conclusione e l'unico elemento di interesse da questo punto di vista potrebbe riguardare il giudizio morale nei confronti del protagonista. Da un punto di vista etico come giudicare un individuo che, in fin dei conti, è vittima della nevrosi urbana contemporanea? L'incapacità di intendere e volere potrebbe forse essere un discriminante e bisogna ammettere che, soprattutto nella seconda parte del film, quando la vicenda si fa via via più aneddotica si potrebbe essere tentati di ritenere che Douglas sia dalla parte del giusto. Proprio a questo serve il detective Prendergast, monito vivente alla necessità di resistere di fronte alle brutture della propria vita. Il giudizio registico è dunque ben definito e anche questo elemento, unito ad un insieme di reminiscenze topiche dal sistema classico dei generi cinematografici, contribuisce a rendere ancor più inoffensivo e conciliante il portato del film.

Il film in generale si lascia guardare con piacere, ma è davvero un peccato che i buoni spunti che ne animavano la prima parte si siano poi placidamente ripiegati nel proseguo della vicenda.

VOTO: 5.50/10

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