lunedì 9 settembre 2013

To the wonder



To the wonder di Terrence Malick - Genere: drammatico - USA, 2012

Quando Malick propose il suo fortunatissimo The tree of life al pubblico, suscitando reazioni contrastanti ma togliendosi diverse soddisfazioni, io ero fra i perplessi. Non che il film non fosse bello, intendiamoci; esteticamente si tratta di uno dei prodotti più riusciti degli ultimi anni che, con una fotografia bellissima, non può che colpire chi lo guarda in maniera molto positiva. Il problema nasceva secondo me dal fatto che i prodotti cinematografici, per quanto belli, non possono essere ridotti a catene di immagini ben girate. Quando il film (lungo più di due ore) non poteva fare a meno di mostrare la sua vacuità e il suo sterile autocompiacimento, per me la visione era già finita. The tree of life era insomma un film che si piaceva profondamente, una masturbazione per immagini insomma. Al di là di quello, a mio avviso, rimaneva ben poco e anche le voci fuori campo che ragionavano sul senso della vita perdevano gran parte del loro fascino proprio in virtù del criptico ermetismo che non permetteva di relazionarsi in maniera chiara con il film.

To the wonder conserva in effetti alcune di queste caratteristiche e l'effetto complessivo che se ne ricava non è poi tanto diverso. Anche questa volta Malick torna a indagare il cosmo delle relazioni interpersonali, dedicandosi forse meno alla famiglia e più al sentimento amoroso colto nella sua essenzialità. Anche qui la perfezione delle immagini è innegabile e la fotografia magnifica non può che rimanere inchiodata nella testa dello spettatore anche dopo che il film è finito. La scelta delle ambientazioni in questo è stata geniale e la bellezza di Mont Saint-Michel non può che uscire rafforzata dall'abilità di Malick di confezionare immagini esteticamente (molto) gradevoli. Ma un film, torno a ripeterlo, non è una cartolina. 

Se qualcuno si chiedesse cosa rimane dietro la perfezione formale del film, direi nulla. E' come se in profondità ci fosse il vuoto e dietro all'armonica geometria degli sguardi non rimanesse nulla. Al di là del colorismo, ciò che promana dalle inquadrature di To the wonder, dalla scelta sempre azzeccata dei punti di ripresa, dall'uso sapiente di raccordi sonori non sempre linearizzati, è una glaciale freddezza, una impersonalità rispetto alla quale non posso pensare che sia voluta. Il film è confusivo e le scelte di Malick lo rendono (non pensavo che l'avrei mai considerato un fattore negativo!) difficile da seguire. Anche la prova attoriale non è al meglio delle sue possibilità, soprattutto per quanto riguarda Ben Affleck, che ho trovato abbastanza inespressivo.

Il film non mi ha convinto e, anzi, non ha fatto altro che confermare il mio disamore per quest'ultimo Malick. Rimane solo la bellezza delle immagini e il film è consigliato proprio a chi stesse cercando questo tipo di esperienza che, ancora una volta, rimane irrimediabilmente solo estetica. 

VOTO: 4/10 

3 commenti:

  1. Così come Malick prima di essere regista è filosofo, anche un critico per comprendere la portata di certe pellicole, dovrebbe essere prima un buon intellettuale e poi, forse, critico.
    Per darti un'idea: http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=4807

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    1. Conoscevo già la recensione che mi hai gentilmente linkato. Vorrei solo farti notare che anche nella pagella di "Spietati" ci sono sensibilissime differenze di punteggio e qualcuno dei redattori si è allineato, forse per motivi diversi, sulla mia stessa lunghezza d'onda. Peraltro, se leggi con attenzione la mia recensione, ho espresso più volte la personalità del mio giudizio, senza avere la pretesa di essere depositario di verità assolute. Il tuo commento, per quanto interessante, mi sembra animato da un'acidità decisamente eccessiva.

      Giuseppe

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  2. Ciao,

    non ho nulla con te, leggo con piacere le recensione che a volte posti.
    Sarà stata l'eccessiva incisività a rendere machiavellico il commento! l'intervento era solo per sottolineare come Malick prima che regista e grande esteta sia filosofo dunque se si apprezza l'idea, filosoficamente parlando, beninteso, di "Amore", è molto più facile guardare con occhio differente le sue pellicole.
    Nemmeno io sono molto d'accordo con Baratti, seppur lo conosca e ci abbia parlato diverse volte, ma credo che abbia saputo svelare, anche solo per poco, la grande complessità del pensiero malickiano.

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