sabato 20 aprile 2013

The Gerber Syndrome - Il contagio



The Gerber Syndrome: il contagio di Maxi Dejoie - Genere: thriller - Italia, 2011

Che gli anni duemila siano gli anni dell'incertezza e della paura lo sapevamo tutti e i recenti avvenimenti di Boston ce lo confermano. In realtà già da praticamente tutto il Novecento la nostra storia è stata periodicamente puntellata di allarmi pandemici di ogni tipo, primo fra tutti l'AIDS. Quindi la fantomatica (e non esistente) sindrome di Gerber che dà il nome al film si inserisce bene in una retorica ampiamente consolidata, non tanto dalla cinematografia quanto dalla vita reale.

Nel film di Dejoie c'è veramente tutto, dall' impianto da docu-fiction o da programma televisivo in stile "Matrix" alle testimonianze di diverso tenore carpite fra la popolazione, fino ad arrivare all'escamotage ormai ben rodato dai vari REC di seguire qualcuno che fa il suo lavoro e cogliere l'anormalità del quotidiano. Non si capisce bene qual'è il fine di questo film e - dopo novanta minuti buoni di visione - sembra piuttosto evidente che un fil rouge che possa unire questi registri non-cinematografici in un film vero e proprio, non sia dato. 

Fra l'altro, il grande problema ulteriore di questa pellicola è che fonde insieme tutti questi elementi, già di per sé stessi non troppo intelligenti, con una tipica sensibilità italiana per i thriller. Ad esempio è abbastanza fastidioso notare come i personaggi siano in fin dei conti delle macchiette didascaliche di atteggiamenti stereotipati che si pretendono radicati nell'italianità più di quanto magari non lo siano veramente. La cosa è ancora più inquietante se si pensa che questo film è stato realizzato da italiani (per la serie "siamo noi i primi a vivere dei nostri personaggi"). 

Il lavoro avrebbe potuto essere decisamente interessante se avesse messo in luce le dinamiche dell'immagine televisiva in un'ottica decostruttiva, ma l'adozione di questo espediente nel caso di The Gerger Syndrome è puramente funzionale al procedere di un racconto già di per sé ingolfato. Se a ciò aggiungiamo una colonna sonora che si rivela come un semplice e pedissequo ripercorrimento degli snodi diegetici e un'interpretazione ai limiti dell'imbarazzo... da salvare rimane ben poco.
VOTO: 1/10

2 commenti:

  1. Se ne avesse l'occasione, le suggerirei di informarsi con dei medici riguardo all'allarme dell'AIDS che, come è stato dimostrato, è stato una grande falsità, dal momento che l'AIDS è stata presentata al mondo come l'unica malattia in grado di distruggere il sistema immunitario, quando ci sono altre malattie come l'Epatite B o C o altre ancora, che agiscono esattamente come l'AIDS e che provocano un numero di vittime molto considerevole ma che non vengono veramente considerate dal momento che non si trattano di vittime dell'AIDS.
    Quindi sapendo che la nostra società è stata manipolata così a lungo, come nel caso dell'AIDS, un mockumentary manipolativo come Gerber Syndrome si dimostra una buona riflessione su questo tipo di meccanismi. Questo è il primo motivo per cui, secondo me, questo documentario si differenzia dagli altri esempi sopracitati.
    Riguardo all'italianità dei personaggi e la loro stereotipicità; io non sono italiana e posso dire di poter riconoscere gli stessi tipi di personaggi sia nel mio paese che in altri paesi che ho visitato, oltre all'Italia, e ritengo che il potersi immedesimare in essi sia un merito; a chi interessa seguire una storia in cui non si ha niente in comune con i personaggi rappresentati?
    Riguardo alla colonna sonora; il suo è un punto di vista molto originale, devo ammettere, sono affascinata dalle sue affermazioni e vorrei sapere, più in dettaglio se possibile, in quali punti del film la colonna sonora le è parsa "un pedissequo ripercorrimento degli snodi diegetici al limite dell'imbarazzo".
    Purtroppo la mia conoscenza del vocabolario da critica cinematografica italiana non è abbastanza vasta da permettermi di rispondere a tutti i punti da lei elencati nella sua recensione.

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    1. Per quanto riguarda la sua nota iniziale, la ricostruzione che ha fatto mi sembra molto corretta, sono elementi che ho rivisto nel film e che condivido con lei. L'unica differenza è che io penso che tutte queste buone premesse siano state realizzate molto male.
      Per i personaggi ancora una volta mi trovo d'accordo con lei, ma le note rispettabilissime che ha fatto non giustificano secondo me un entourage di individui senza spessore, abbastanza noiosi e vittime di una recitazione mediocre.
      Per quanto riguarda la musica, credo sia la cosa più soggettiva. Io personalmente non apprezzo il comparto sonoro utilizzato come accompagnamento emozionale a quello che viene raccontato e sono un grande sostenitore dell'asincronismo.

      In definitiva, per quello che io cerco nel cinema, questo film è un fallimento. Ma sono anche convinto che nel cinema più che altrove ci sia spazio per il dibattito. Il suo commento mi è sembrato molto interessante e ben argomentato, quindi sono aperto a qualsiasi discussione.

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