giovedì 30 gennaio 2014

Oldboy (2003)



Oldboy di Park Chan-Wook - Genere: thriller - Corea del Sud, 2003

Credo che Oldboy sia uno dei film su cui - fino ad oggi - avevo letto di più, ma che non ero ancora riuscito a vedere. Soprattutto dopo l'uscita del recentissimo remake, si sono moltiplicate un po'ovunque nella rete le impressioni sempre più o meno negative nei confronti del lavoro di riscrittura operato sul film di Park Chan-Wook. Così, finalmente, mi sono deciso ad affrontare quest'opera tanto fortunata da essere stata premiata a Cannes 2004. Ebbene, devo dire che non solo non mi sono pentito della mia decisione, ma non posso non ammettere che senza dubbio Oldboy merita tutti gli onori che gli vengono tributati. A mio avviso potrebbe benissimo essere collocato nella lista dei film più importanti degli "anni zero", insieme a capolavori assoluti come Elephant o Irreversible. Il consiglio più spassionato che si possa dare davanti a film come questi, la cui complessità è difficilmente sintetizzabile in una recensione, è quello di guardarli essendo preparati a una filmicità diversa, più violenta e invasiva, a una serie di immagini forti che oltre a colpire l'occhio rimangono ben piantate nella memoria. 

Se un film è un sistema che si fonda e si realizza sulla connessione efficace di diversi elementi, Oldboy centra in pieno l'obiettivo. In esso si fondono perfettamente una vicenda diegetica coinvolgente, sceneggiata con attenzione e una ricerca formale che si spinge ai massimi livelli, proponendo il film come una vera e propria fenomenologia degli stilemi cinematografici, utilizzati sempre con capacità e coscienza dalla mano esperta del regista (a questo punto il livello raggiunto nel recente Stoker è surclassato senza riserve e non posso che dare ragione a tutti quelli che vedevano in quel film una "americanata" di basso profilo). La genialità del film sta già - lo si diceva poc'anzi - nella trama: raramente mi è capitato di vedere in un film, per quanto narrativo fosse, una simile capacità di strutturazione drammaturgica. Si potrebbe persino individuare una connessione con i topoi classici della tragedia greca che, riaggiornati senza difficoltà in uno scenario contemporaneo, mantengono pressoché inalterata la drammaticità esistenziale che ancora possiamo leggere in Sofocle o negli altri grandi maestri di quella fortunata stagione teatrale. 

Un sottotitolo del film che spesso viene presentato in italiano è "Un vecchio ragazzo vendicativo". A parte la scorrettezza di fondo di una traduzione del genere, continuare a veicolare questo concetto significa aver capito poco o nulla dell'opera, che parla molto meno della vendetta in quanto concetto e molto di più di una tragedia sottocutanea e inconsapevole che, proprio come spesso succede, si consuma nel momento in cui si pensa di essere fuori pericolo. Oldboy è un film che parla alla parte più profonda del nostro Io, risvegliando elementi innati della nostra natura, che quasi inconsapevolmente sembrano emergere mentre la ricerca del protagonista arriva al suo drammatico compimento. Tutto questo è narrato in maniera cruda, diretta ma non per questo cementificata: soprattutto nella prima parte del film sono presenti dei micro-elementi di ironia che contribuiscono a darci l'idea di una (auto)consapevolezza registica e cinematografica assolutamente fuori dal comune.

Stilisticamente la capacità di Park Chan-Wook si esprime nella sua straordinaria abilità nel scegliere sempre il tipo di inquadratura adatta alla situazione: magistrale l'utilizzo di atmosfere che sembrano attinte dall'universo lynchano in tutta la prima parte del film, quella che ci mostra la prigionia. La macchina da presa si fa scrutatore ossessivo dello scorrere del tempo, come ad anticipare il carattere ossessivo che la visione avrà in tutto il seguito del film. Notevole anche il tema principale, che sembra avere la capacità di trasfigurare i propri toni per adeguarsi alla contingenza narrativa; eppure è sempre lo stesso. Quentin Tarantino si è lasciato scappare che Oldboy è il film che avrebbe voluto fare; non ne vedo i motivi, essendo questo prodotto ben lontano dagli eccessi pop a cui ci ha abituato il regista americano. In ogni caso, almeno dal mio punto di vista, un capolavoro assoluto: da gustarsi per tutte le sue due ore, a patto che si sia pronti a vedere qualcosa di veramente violento, nel senso meno scontato del termine.

VOTO: 10/10 

1 commento:

  1. Credo che sia il film che abbia sconvolto la mia esistenza. Un capolavoro assoluto di perfidia e filosofia, con un finale da urlo!
    Il remake è tanto stupido e brutto che i realizzatori, persino lo stagista che portava i panini sul set, meriterebbero la pena capitale.

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