mercoledì 15 gennaio 2014

Vive l'amour



Vive l'amour di Tsai Ming-Liang - Genere: drammatico - Taiwan, 1994

Ho visto per la prima volta il finale di Vive l'amour due anni fa e già all'epoca mi era sembrato un finale assolutamente geniale. Finalmente oggi completo la visione del film Leone d'Oro di Tsai Ming-Liang e non posso che confermare l'idea che mi ero fatto osservando il lungo e superbamente orchestrato piano sequenza conclusivo, che culmina in una delle scene di pianto più convincenti e profondamente drammatiche che mi sia mai capitato di vedere. In una struttura semplice che ruota attorno all'idea della casa vuota (il riferimento ad uno dei capolavori di Kim Ki-duk è d'obbligo in questo caso), Tsai riesce ad inserire una vicenda dalla drammaticità esistenziale, che si esprime attraverso quella che si potrebbe chiamare inventando un fantasioso neologismo una relazionalità dell'assenza. I tre protagonisti della pellicola orbitano attorno ad un appartamento sfitto come se fossero dei piccoli insetti indecisi che ronzano confusamente attorno alla luce di un lampadario. I loro rapporti sono in effetti strutturati sul non-sapere, sul silenzio, su dettagli non specificati. Questo garantisce al film una struttura lirica perfettamente equilibrata, in cui il silenzio e l'attesa giocano un ruolo fondamentale: diverse sono le sigarette fumate dai personaggi e la sigaretta in sé è un oggetto che va goduto nel suo progressivo consumarsi. Sarà forse un caso che il film si chiuda proprio sull'immagine della elegante agente immobiliare che da' le prime boccate? E' probabile di no.

Nelle belle stanze di un appartamento d'alta classe si incrociano quindi i destini di tre individui qualunque eppure profondamente connotati nei loro caratteri salienti; sono figure per la verità appena tratteggiate dalla regia esperta di Tsai, che lascia ancora una volta allo spettatore l'arduo compito di interpretare i silenzi, le pause, gli intervalli della narrazione come il segno di caratteri che agiscono in senso pulsionale per emergere pur senza mai riuscirci. Più che la storia di un amore, Vive l'amour è la storia di un sistema di solitudini che non raggiungono mai la condizione di tangenza, la possibilità della condivisione. Non c'è scampo per l'apolide venditore di urne cinerarie né per il venditore abusivo; è significativo poi che tutti gli scambi dialogici con personaggi esterni alla triade dei protagonisti siano frivoli e non pertinenti allo sviluppo di questa sorta di antitrama. E ancora possiamo notare come le conversazioni telefoniche fra la protagonista femminile e l'ambulante siano continuamente troncate e come a noi sia consegnata solamente una metà di quella discussione; è qui visibilmente in atto quel meccanismo di disgiunzione relazionale che citavo prima e che ha senza dubbio dei risvolti anche nella sfera dell'erotismo. Il desiderio perennemente frustrato del giovane omosessuale represso di congiungersi con il venditore di mercato (figura archetipica in questo senso) viene soddisfatto attraverso una mancanza, vale a dire attraverso l'immaginazione dello sfortunato amante che non può che compiere una surrezione sostitutiva mentre un atto sessuale viene consumato sul letto sotto al quale si è nascosto.

Un film drammatico, profondamente reale ma intriso di un lirismo arido e disarmante. Certamente un prodotto di alta qualità ma che per le sue caratteristiche stilistiche e formali potrebbe risultare scarsamente digeribile o noioso a chi non è abituato a questo genere di produzioni.

VOTO: 9/10 

Nessun commento:

Posta un commento