mercoledì 29 gennaio 2014

Il Cattivo Tenente



Il Cattivo Tenente di Abel Ferrara - Genere: drammatico - USA, 1992

Se qualcuno dicesse che oggi una buona parte del cinema commerciale, spesso lacrimoso e ancor più spesso un po' brutto, viene dagli USA, con una buona approssimazione starebbe dicendo una cosa vera. In generale possiamo dire che si tratta di un cinema che ha uno sguardo ammorbidito e poco pungente. Proprio per questo vale la pena tirare fuori dal cassetto quel fortissimo capolavoro che è Il Cattivo Tenente, opera-manifesto di un'America realista, cruda ma non per questo priva di un qualche sentimentalismo. Già la storia in sé fa percepire la novità del tutto, riprendendo con una vicinanza veramente fuori dal comune, la vita di un membro deviato della polizia prima di qualsiasi Dexter e simili. Spiace un po' vedere come il leifmotiv di Ferrara sia diventato un soggetto da telefilm, ma a quanto pare è un destino comune a molti. 

Tutto è già perfettamente raccontato nelle prime inquadrature, che ritagliano un ritratto ravvicinatissimo dell'anonimo Tenente, prima ancora di mostrarcelo nella sua degenerazione fra droga, alchool, scommesse e tutta una serie di altri elementi che forse oggi possono sembrare scontati e noiosi, ma che all'epoca non lo erano; dobbiamo considerare che il già visto di questi brani deriva in massima parte dal fatto che si tratta di stilemi mutuati solo successivamente dal telefilm. Un dramma dunque, quello del Tenente che - al contrario di quanto si potrebbe ritenere se si considera il cinema attuale - non si traduce in una condanna dei suoi comportamenti; nonostante il crudo realismo dello stile di Ferrara, lo spettatore non riesce a distaccarsi completamente dal protagonista (forse proprio a causa del carattere claustrofobico dell'inquadratura?) con il risultato che la palingenesi finale assume il carattere di un'implicita conferma.

Stilisticamente, Ferrara introduce all'interno di una diegesi che si sviluppa attraverso il senso lineare di una caduta (la chiusa è drammatica e - in ultima analisi - il destino del Tenente è senza appello) tutta una serie di elementi linguistici che contraddicono la forma perfettamente rettilinea attorno a cui si struttura la narrazione. In questo senso vanno letti tanto i magistrali jump-cut delle sequenze in auto (omaggio/ripresa del medesimo elemento in Fino all'ultimo respiro) quanto i brani "onirici" dello stupro della monaca e del dialogo con Cristo. Nel complesso un film visionario, a suo modo geniale e tipicamente ancorato a quel gusto New Hollywood che per me è senza dubbio la stagione d'oro del cinema statunitense.

VOTO: 9/10 

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