giovedì 16 gennaio 2014

Sacro GRA



Sacro GRA di Gianfranco Rosi - Genere: drammatico, documentario - Italia, 2013

Il Leone d'oro 2013 portatosi a casa da Rosi mi aveva fatto venire una gran voglia di vedere questo film, cosa che probabilmente mi ha fatto avere delle aspettative troppo alte facendomi dimenticare che spesso a Venezia il maggior riconoscimento non viene attribuito ai più meritevoli (si veda Ang Lee nel 2005 o lo stesso Kim Ki-duk con Pietà qualche anno fa che, al contrario di quanto probabilmente ho scritto su queste pagine, non meritava un premio del genere). In ogni caso Sacro GRA rimane senza dubbio un film che si lascia guardare e che merita una menzione per l'originalità del suo progetto di base (filmare, per circa tre anni, frammenti di vita attorno al Raccordo) e per alcune trovate davvero interessanti, come tutta la narrazione relativa al Punteruolo Rosso e alle palme che, soprattutto nel finale, assume una evidente valenza metaforica.

Credo che Rosi sia riuscito a ridare al documentario come genere una dimensione prettamente cinematografica, facendolo uscire da quel limbo un po' polveroso e spesso noioso in cui è stato molte volte confinato. Sacro GRA riesce a sposare due anime che nel documentario spesso potrebbero apparire inconciliabili: la "denuncia" (il termine forse è inadeguato ma attualmente non ne trovo uno migliore) e un ritmo formale agile che apre anche a spazi di ironia non indifferenti, che contribuiscono a controbilanciare l'altrimenti eccessiva pesantezza dell'insieme. Anche da un punto di vista compositivo bisogna rendere merito al regista di essere riuscito a creare un impasto dove diversi elementi riescono a convivere in una qualche forma di armonia, entro un uso del montaggio che predilige quadri autonomi o quasi e comunque non abitati da un dinamismo evidente. 

In generale il film funziona, eppure non mi ha dato l'idea di essersi spinto sino in fondo alle sue possibilità. Ho trovato anche molto divertente l'idea - letta in alcuni commenti - che la produzione di Rosi (con questa sua dimensione realistica e quasi paesana) possa essere letta come una risposta alla società svuotata di senso, di manichini spersonalizzati presentata da Sorrentino ne La Grande bellezza. Una prospettiva interessante, anche se probabilmente poco realistica da un punto di vista ricostruttivo. Onestamente ho trovato il GRA un film anonimo, lento per quanto non noioso e ben più manieristico di quanto non lo fosse il film di Sorrentino, da molti accusato di barocchismo formale.

VOTO: 6/10 

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