martedì 23 luglio 2013

Solo Dio perdona



Solo Dio perdona di Nicholas Winding Refn - Genere: thriller - Francia, Danimarca, 2013

Direttamente dall'ultimo festival di Cannes, un thriller decisamente europeo seppure ambientato in estremo Oriente. E' asiatico lo sfondo narrativo della vicenda, ma il modo di riprenderla, la geometria dello sguardo disegnata dalla macchina da presa, con i suoi iati e le sue ambiguità, è decisamente europeo e si ricollega con forte decisione, per la presenza di alcuni stilemi linguistici, alla sua stagione più felice. Il film di Winding Refn è ricercatissimo da un punto di vista formale e senza dubbio si presenta come uno dei migliori titoli dell'anno (attendo ancora di riuscire a vedere La grande bellezza che, certamente non deluderà). 

La trama è molto semplice, elementare, quasi stereotipica e dai tratti spiccatamente freudeani. Gli scambi dialogici fra il protagonista Julian e sua madre formalizzano una gerarchia di poteri non conciliabile, che vede al vertice della gestione degli eventi proprio la Madre, che orchestra dietro le quinte la vendetta del suo primogenito. Sono dialoghi ricchissimi, per quanto tremendamente ellittici: dietro ogni frase si respira l'evidenza di un vuoto profondo, che rimanda a un passato che non può che rimanere inespresso, dietro lo sguardo nel contempo profondo e vacuo di Julian. 

Tutto il film ha un'aria fortemente onirica, con la macchina da presa che diventa uno strumento confusivo nel disegnare ambienti incoerenti abitati da presenze impossibili. Anche la gestione delle bellissime scenografie d'interno ce lo conferma: questi ambienti asfittici campiti con colori violenti sono ambienti mentali ancor prima che fisici, dove prende corpo il dramma dell'inadeguatezza, del senso di colpa e della paura. Questi brani tradiscono il mondo interiore del protagonista, lacerato fra il rifiuto di vendicare il fratello (colpevole di aver ucciso una ragazza) e l'impossibilità di sfuggire ai desideri della madre. 

C'è molta psicanalisi in tutto questo e anche nella decisione finale di Julian di uccidere la moglie del suo antagonista, come per punire trasversalmente l'unica altra figura femminile di tutto il film. Figura dalla quale però non è possibile staccarsi completamente e a cui lo stesso Julian sceglie di ritornare quando, lacerando le carni del suo cadavere senza vita, poggia la mano all'interno del suo grembo, recuperando almeno idealmente la condizione fetale di massima congiunzione con quella presenza così ingombrante eppure così fondamentale.

Nel complesso, senza stare a dilungarsi sui pregi di una composizione splendida dal punto di vista della messa in immagine e della fotografia, non si può negare che Solo Dio perdona sia un film assolutamente meritevole che, pur essendo formalmente un thriller, rifugge dallo stesso concetto di proprietà di genere per aprirsi a spazi di lirismo visivo certamente non sperati.
VOTO: 9/10 

Nessun commento:

Posta un commento