domenica 7 luglio 2013

Il dittatore dello stato libero di Bananas



Il dittatore dello stato libero di Bananas di Woody Allen - Genere: commedia - USA, 1971

Quando la comicità alleniana non era ancora riconosciuta a livello globale e il suo stile doveva ancora prendere una consistenza che ne facesse un marchio, proprio quando la crisi cubana era ancora dietro l'angolo, sedimentata nella memoria collettiva degli statunitensi, Bananas è riuscito a trattare l'argomento in una maniera leggera e disincantata. Lontano dalle retoriche ufficiali dei piani alti, il film di Woody Allen è un'operazione demistifcatoria che decostruisce i fatti e le sensazioni di quei giorni, mostrandone la paradossale comicità. 

Il personaggio-autore alleniano muove qui i suoi primi passi e lo fa in quel modo divertente e scanzonato che ha sempre costituito il suo marchio di fabbrica. L'insofferenza nei confronti delle strutture sociali e l'incapacità relazionale diventa qui desiderio di fuga, stereotipo tipico della commedia romantica che ancora una volta viene rovesciato in un susseguirsi paradossale e casuale di eventi che porteranno il nostro protagonista ai vertici dello stato di Bananas. I complotti, la rivoluzione, la dittatura, tutto viene riscritto dalla magmatica genialità della regia in un modo assurdo che ne mette in luce la natura dialogica e costruita. 

In questo discorso che - va da sé - accusa fortemente anche l'America come soggetto partecipante in un progetto che gioca con la pelle degli individui, non c'è però nessun intento etico-morale che si ricolleghi direttamente alla politica. L'attenzione di Allen sembra più riversarsi sulla natura finzionale dell'immagine, in particolare televisiva. In svariate occasioni è lo stesso regista a suggerircelo esplicitamente, come avviene nell'incipit (l'omicidio del presidente di Bananas) e nel finale (la prima notte di nozze di Woody che diventa la parodia di un incontro di pugilato). Tutto ciò che vediamo è falso, costruito a tavolino e recitato da una schiera di figuranti inconsapevoli: un messaggio forte, ma raccontato con la leggerezza disillusa e disincantata di uno sguardo che agisce - seppure con forte autonomia - all'interno di quello stesso sistema.

L'altro polo di Bananas che merita di essere giustamente evidenziato è la grande intertestualità che il titolo dimostra nei confronti di molti altri titoli della produzione cinematografica mondiale. Il bergmanismo sempre presente (rievocato a posteriori anche in Manhattan) si accompagna qui a echi piuttosto evidenti dalla Corazzata Potemkin: la scena della rivoluzione nel Bananas diventa l'eco della maestosa scena ejzenstejniana, con un riproposizione pressoché perfetta della scena della carrozzina che precipita dalla scalinata, di fantozziana memoria.

Un film semplice, forse non perfetto in confronto ad altre produzioni alleniane più controllate (si veda anche solo Io e Annie per farsene un'idea), ma che risulta assolutamente geniale per la straordinaria vivacità di un'inventiva ancora non perfettamente canalizzata.
VOTO: 8/10

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