lunedì 29 luglio 2013

L'amico di famiglia



L'amico di famiglia di Paolo Sorrentino - Genere: drammatico - Italia, Francia 2006

Paolo Sorrentino, recentemente apprezzato dal pubblico e dalla critica per la sua performance a Cannes con La grande bellezza (film che non ho ancora avuto modo di vedere!), è senza dubbio una delle firme di punta del cinema italiano contemporaneo, una di quelle per cui vale ancora la pena di andare in sala, insomma. Visto in televisione, L'amico di famiglia non fa che confermare questa sensazione. Il regista scruta, attraverso inquadrature larghe in campo aperto che disegnano ambienti dal sentore quasi dechirichiano, la vita grottesca di Geremia (uno splendido Giacomo Rizzo), sarto e - soprattutto - usuraio.

L'irrealtà di un'esistenza marcescente eppure così concreta viene raccontata attraverso ambienti che, al contrario dei campi aperti, sono chiusi, sporchi, asfittici ed illuminati in maniera antirealistica. Geremia ama pensarsi amico di famiglia, benefattore invasivo eppure per tutto il film e soprattutto nel finale la sua caratteristica fondamentale sarà la solitudine. L'impossibilità di costruire rapporti umani al di là di quello simbiotico e opprimente con la madre paralizzata rimane l'unica costante di una parabola in discesa, che si conclude proprio con la presa di coscienza dell'immutabilità della sua condizione. 

Sorrentino va a scavare la coscienza e mostra senza remissioni un personaggio viscido, brutto e sporco che non si fa alcun problema a violare le norme dell'etica in virtù di una ricompensa monetaria che si esprime attraverso la violenza e la sopraffazione. La tecnica di ripresa e l'impostazione dei dialoghi sono fredde, chirurgiche, nette. La condanna di Sorrentino è netta ma non viene mai meno la capacità lucida di mettere in evidenza le ipocrisie e gli angoli oscuri di una società che il regista ci presenta in decomposizione. 

Non c'è lieto fine in un racconto dove il protagonista è l'anti-eroe per eccellenza e i buoni vengono continuamente sconfitti e ridotti a uno stato di larvale dipendenza. La rivincita del vampirismo (inteso in questo caso in senso eminentemente economico) passa per una decostruzione e un rovesciamento del buonismo cinematografico che contraddistingue tanta parte del panorama attuale.
VOTO: 8.50/10 

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