lunedì 14 ottobre 2013

Tulpa



Tulpa: Perdizioni Mortali di Federico Zampaglione - Genere: thriller - Italia, 2013

Federico Zampaglione, al suo terzo lavoro da regista, è considerato dai più come il legittimo erede di una tradizione, quella del Giallo all'italiana, che sembrava destinata a spegnersi. Parliamo di quel filone di pellicole che, inaugurato da Mario Bava con film quali Sei donne per l'assassino, ha raggiunto il suo apice con le fatiche argentiane della Trilogia degli Animali e ha toccato il punto di massimo sviluppo con Profondo Rosso. Dopo l'involuzione della poetica argentiana, che ha portato a prodotti come il trascurabilissimo Il Cartaio, il genere sembrava destinato a scomparire, almeno momentaneamente, dalle scene. E' una fortuna, allora, che il film di Zampaglione si sia proposto come una consapevole riflessione del panorama iconografico e situazionale di questo cinema di consumo ormai all'empasse. 

Ragionando sul bacino tematico squadernato da Argento, Zampaglione svecchia le figure di film quali Il gatto a nove code e sceglie di ambientare la doppia vita della sua protagonista nel dechirichiano quartiere dell'EUR a Roma. Entro spazi anonimi tratteggiati con sapienza ma ripresi in maniera ampiamente impersonale, una Claudia Gerini bella ma troppo spesso eccessiva nella recitazione, si barcamena fra una vita da manager in carriera e delle serate all'insegna della trasgressione sessuale in un club dalle tinte rossastre e dalle atmosfere orientaleggianti. E' interessante notare come i luoghi del film rispecchio appieno l'itinerario esistenziale della Gerini, sospesa nella tensione fra l'ordine apollineo del suo lavoro in una grossa società ai piani alti di un bell'edificio dal gusto razionalista e la passione sobbollente nei sotterranei di un garage. 

Entro questo range di situazioni per la verità piuttosto classiche il registra organizza la dinamica non eccessivamente innovativa della vicenda propriamente "gialla". Se da una parte possiamo apprezzare l'originalità degli omicidi, presenti in gran numero e rappresentati senza lesinare sui dettagli truculenti, non possiamo non notare come la gestione della suspence lasci in qualche modo a desiderare. Quando l'assassino svela la sua identità, si innesca un prevedibile meccanismo nel quale Zampaglione cade nel prevedibile errore di voler omaggiare quel fastidioso gusto argentiano per il paranormale e l'occulto. Se fino a quel momento il film si manteneva entro un solido e cruento realismo, appena disturbato da un interesse misterioso per l'occulto e il metafisico, l'evoluzione conclusiva appare forzata e fuori luogo.

Il film, tecnicamente discreto, si fa ricordare soprattutto per la bellezza della fotografia, soprattutto all'interno del club dove la Gerini passa le sue serate all'insegna della passione. In queste occasioni la gestione perfetta del colore e delle ombre garantisce ai corpi una presenza statuaria e vibrante, immersa in un colorismo irreale e perturbante. Un'ultima nota va certamente fatta alla bellissima interpretazione di Nuot Arquint, che ha reso Kiran il personaggio largamente più riuscito dell'intero film. Nel complesso un lavoro interessante, che lascia intravedere una speranza di sviluppo per il cinema italiano lungo una direttrice che è stata, storicamente, una delle sue strade maestre; un peccato per la presenza di alcune difficoltà tecnico-interpretative che in un certo senso indeboliscono le qualità di un lavoro altrimenti molto valido.

VOTO: 5.50/10 

2 commenti:

  1. In "Shadow" il citazionismo era sopportabile per via dell'iconografia quasi metaforica di Mortiis. Qui invece, che siamo su lidi molto più terra-terra, sa tutto di un ripigliamento vuoto e insensato.
    Deluso, se volevo un giallo all'italiana vecchio stile mi vedevo uno di quelli vecchi.

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    1. In realtà anche io mi aspettavo di meglio, sulla carta. Shadow devo ammettere di non averlo visto, quindi non saprei. Secondo me ci sono alcuni elementi interessanti; certo è che siamo ben lontani da alti livelli e su questo non ci piove!

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