domenica 3 novembre 2013

Videodrome



Videodrome di David Cronenberg - Genere: thriller/fantascienza - Canada, 1983

Cronenberg è senza dubbio il maggior interprete cinematografico della fenomenologia del corpo postmoderno,  il corpo mutato e modificato che ha perso parzialmente o del tutto la propria matrice biologica a favore di una natura ibrida e mutevole. Quasi dieci anni prima del difficile e già recensito Il pasto nudo e con una potenza visiva molto maggiore, Videodrome indaga non tanto il rapporto fra uomo e tecnologia (come capita di leggere molto spesso), quanto più lo statuto dell'immagine televisiva e - in seconda battuta - di quella cinematografica. Nel pieno di quell'età postmoderna che gli anni Ottanta stavano solo cominciando a prefigurare, l'opera di Cronenberg assume tutto il valore di un monito inascoltato o di una possibile evoluzione dello statuto di realtà delle immagini. 

L'uomo cronenbergeano non è più il flaneur alle soglie della nevrosi visiva descritto da Baudelaire, ma si traduce in un'entità indistinta che si perde - al pari del suo illustre predecessore - in un territorio fluido e indistinto in cui non è più possibile distinguere la finzione dalla realtà e tutte le categorie di riferimento risultano inefficaci. Così i personaggi di Videodrome vivono fisicamente in funzione del medium televisivo, che molto spesso li introduce alla nostra vista, condizionando profondamente anche la dinamica del linguaggio filmico; così una figura basilare come il campo-controcampo, pur mantenendo la sua funzione eminentemente dialogica, si trova cambiata di segno e si svolge spesso fra un'individuo e il televisore. Un esempio calzante di questo meccanismo, che scardina il meccanismo del dialogo introducendo un discrimine diacronico all'interno della relazione, è dato dai nastri che il prof. O'Blivion invia al protagonista. Al di là del nome particolarmente significativo del personaggio in questione, è interessante notare come le movenze argomentative del semiologo siano fondamentalmente diverse rispetto a quelle del contatto vis-à-vis e risultino pesantemente condizionate dalla presenza di uno schermo (in questo caso reale ma, soprattutto, ideale). 

Il Videodrome che regala il titolo a quest'opera di Cronenberg è quindi essenzialmente un dispositivo di controllo e comunicazione che, a fronte di un particolare tipo di segnale (e - potremmo dire - di linguaggio), agisce sulla struttura dell'individuo, modificandola. Questo non può non rendere manifesto il collegamento già suggerito al corpo modificato, ibridato dalla tecnologia, che rendere l'uomo simile ad un automa. In un processo di progressiva metamorfosi che si origina dalla presa di coscienza di una frattura percettiva sempre più grave, il destino ultimo degli individui cronenbergeani sembra riconducibile a quello della ben nota Creatura del Frankenstein di Mary Shelley, o almeno all'immagine che un certo cinema ne ha dato. La versione proposta sul grande schermo da Boris Karloff e dai prosecutori (certamente non filologicamente corretta) in effetti punta fortemente l'accento sulla meccanicizzazione del corpo e sulla dipendenza mentale del Mostro da una volontà di ordine superiore. 

Nell'ottica di Cronenberg non c'è più distinzione, nel panorama contemporaneo, fra reale ed artificiale, biologico e meccanico, così com'è andato progressivamente assottigliandosi il discrimine che separava la verità dall'illusione mediale ricostruita. Nei nuovi non-luoghi dell'anestetizzazione senza scopo l'uomo diventa il nodo di una rete di interscambio che lo assorbe modificandone profondamente gli schemi percettivi. Che questo modus vivendi, possa un giorno condurre ad una nuova evoluzione del corpo fisico, come sembra essere suggerito dal Videdrome?
VOTO: 9/10 

1 commento:

  1. Non per nulla uno dei miei film preferiti da uno dei miei registi preferiti. Il meglio del meglio!

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