giovedì 7 novembre 2013

Halloween: The Beginning



Halloween: The Beginning di Rob Zombie - Genere: horror - USA, 2007

Il remake è una strategia di rilancio ampiamente utilizzata all'interno del cinema di genere, soprattutto horror. Volendo tracciare un panorama generale che racchiuda gli ultimi 10-20 anni di cinema, potremmo facilmente trovare un minimo comune denominatore proprio nel ricorso continuo a questa forma di riscrittura che si è consolidata in forme ampiamente codificate insieme al remake. Eppure il film di Rob Zombie, pur all'interno di un panorama definito in maniera fin troppo archetipica, si ritaglia un proprio spazio di originalità e fa in modo che la sua produzione si distanzi dalla maggior parte di queste lavorazioni. 

Se dovessimo trovare un termine adatto a definire Halloween: The Beginning potremmo probabilmente parlare di antologia. Infatti Zombie confeziona un'opera che ha lo scopo primario di riabilitare l'immagine di Michael Mayers dopo le performance piuttosto scadenti degli episodi precedenti della saga (parliamo in particolare di Halloween: 20 anni dopo e Halloween: La Resurrezione), regalandoci un film che attinge a singoli episodi o movenze archetipiche dai film precedenti. Questo significa che Zombie, pur mantenendosi all'interno di uno stile pop e fortemente truculento, regala al pubblico un'opera in qualche misura innovativa che - almeno per questo motivo - merita senza dubbio un qualche tipo di riconoscimento. 

Fatta questa doverosa premessa dobbiamo però riconoscere che il film di Zombie è decisamente al di sotto di qualsiasi aspettativa, anche accantonando il fatto che non si tratta di un remake fede dell'opera (geniale per l'epoca) di Carpenter. La cosa è particolarmente evidente se si considera la sequenza iniziale, quella con il celeberrimo omicidio multiplo dei suo familiari da parte di Micahel Mayers. Anche se il regista decide saggiamente di non confrontarsi con l'immagine carpentierana per eccellenza (cioè la lunga soggettiva di Michael mascherato), tutta la sequenza - dilatata oltre il limite massimo di sopportazione - è infarcita di una retorica di buoni sentimenti e ambisce a una descrizione psicologica stereotipata che Carpenter aveva cassato in toto ed era riuscito a compendiare in poche semplici inquadrature.  

Il lacrimevole racconto del rapporto fra Michel e la madre fa parte di un registro altro, che non solo sembra del tutto alieno al personaggio che il regista vorrebbe riedificare (Mayers è il personaggio del silenzio per eccellenza), ma pare non essere in linea neanche con lo stile dello stesso Zombie, che in un film molto più riuscito come Le Streghe di Salem non indulge mai in questi sentimentalismi. Per il resto siamo di fronte a uno stile piuttosto accademico che utilizza il noto accompagnamento musicale del film in maniera assai prevedibile, così come accade per la fotografia (salvata solo dai colori a tratti interessanti) e per il montaggio. Fra i personaggi assume un'inedita rilevanza il Dr. Loomis, antagonista di Michael per eccellenza, ben interpretato da Malcom Mc Dowell.

Nel complesso si tratta di un'opera idealmente molto interessante per la sua inedita modalità di rapporto con il materiale filmico di base, ma che scade in una serie di errori concettuali e formali che ne minano profondamente la potenziale qualità. Su questo film ho letto numerose critiche di qualsiasi genere, dalle più negative a quelle accecate da una passione per il genere che impedisce una serena valutazione delle immagini. A mio giudizio rimane un film che, seppure con qualche trovata gradevole - in linea con lo stile sporco e disturbante di Zombie (che, comunque, rimane un musicista prima che un cineasta) -, finisce col prendersi troppo sul serio, a fronte di una natura eminentemente ludica. 

VOTO: 4.50/10 

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