domenica 10 novembre 2013

Kids



Kids di Larry Clark - Genere: drammatico - USA, 1995

Gli anni Novanta sono stati caratterizzati per larga parte da una nevrosi collettiva derivante dallo spauracchio dell'AIDS, come testimoniano egregiamente i numerosi documenti visuali e non solo dell'epoca. Entro questa cornice di riferimento sono letteralmente fioriti, anche sull'onda delle tematiche postmoderniste e poststrutturaliste, dei gender studies e di molti altri importanti filoni di ricerca, tutta una serie di realizzazioni artistiche che mettono al centro della loro indagine l'adolescenza come momento di passaggio e metamorfosi fisica e psicologica. Altri, come Gus van Sant, hanno cominciato ad indagare la figura dell'adolescente come un'entità non determinata, aperta alle possibilità della scrittura storica ma spesso condannata a non poter passare dalla potenza all'atto a causa di un destino incombente che l'occhio registico si limita a testimoniare. 

Kids, in concorso al 48° Festival di Cannes, fonde perfettamente queste linee di ricerca in un'opera visivamente violenta ma grandemente oggettiva, pur nei limiti concessi dal discorso filmico di stampo narrativo. Il regista Larry Clark, fotografo di professione, regala alle sue immagini un'aria solida e persistente; lo stile spesso impreciso e comunque ben lontano da una retorica della perfetta trasparenza rende la regia più simile a una documentazione che a una finzione: è come se lo spettatore si ritrovasse invischiato nel sottobosco sporco e brulicante della metropoli americana anni Novanta, all'interno della subcultura giovanile così spesso ritratta in maniera stereotipata dal medium televisivo. La ricerca visiva di Clark si sposa quindi in maniera perfetta con lo stile lirico di van Sant (produttore della pellicola) e trova un terreno fertile nella sceneggiatura scritta da Harmony Korine (di cui non si può non ricordare il ben più violento Gummo, primo lungometraggio del regista datato 1997, che sicuramente ha tratto un'ispirazione esasperata da questo lavoro di Clark). 

Il mondo di Kids è straniante, defamiliarizzante. L'immagine dei corpi dei protagonisti ci sconvolge anche oggi, a quasi dieci anni di distanza, in una società fortemente cambiata, perché quegli organismi oggettivamente sessuati (Clark disegna, seppure in maniera molto scolastica e autocensurata, scene di sesso abbastanza realistiche) appaiono non strutturalmente pronti all'atto che nonostante tutto stanno compiendo. Il fisico di Telly è asciutto, innaturalmente allungato, probabilmente frutto di una crescita non regolare e sembra che ad ogni movimento dell'atto di penetrazione la sua schiena si possa spezzare. 

Ma il grande lascito di Kids, proprio a partire dalla lezione vansantiana, è l'idea di una oscura causalità casuale che agisce a discapito delle intenzioni e dei progetti dei protagonisti. Così, quando Telly afferma di non poter vivere senza pensare e fare sesso, lo spettatore percepisce la sgradevole sensazione di trovarsi di fronte a un defunto perché - a quel punto della storia - sa già quale sarà il suo destino e quello della ragazza che - inconsapevolmente e presumibilmente - ha appena infettato. In definitiva Kids racconta una dialettica interessante e vera fra il sesso visto come una ludica attività senza conseguente e il terrore giustificato ma almeno parzialmente condizionato dal discorso mediatico per l'AIDS, entro una prospettiva fortemente condizionata dall'epoca di realizzazione.

VOTO: 6.50/10 

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