lunedì 18 marzo 2013

28 hotel rooms - Recensione


28 hotel rooms di Matt Ross - USA, 2012 - Genere: drammatico

Un uomo e una donna si incontrano nel ristorante di un albergo. Si guardano insistentemente, lanciandosi qualche sorriso. Lei è sposata, lui ha una ragazza. Passeranno la notte insieme e da quel momento sarà impossibile separarsi.

Ci sono storie d'amore che si costruiscono e si consumano in fretta, colpi di fulmine che ci colpiscono e, ancor prima che ce ne si possa rendere conto, perdono di concretezza e si spengono. Ci sono amori che invece si sedimentano silenziosamente nel tempo, costruendosi in modo negoziato, con lenti passi in avanti. Come che sia, la cosa drammatica è che molte di queste storie sono dimenticate, non raccontate, non trovano spazio nei ricordi e nelle nostre narrazioni. Non se ne può parlare, non le si può diffondere, non le si può vivere. Sono gli amori altri, di cui 28 hotel rooms ci dà un classico esempio: una relazione adulterina.

Il genio e la drammaticità di questo film stanno tutti nell'ambientazione all'interno di camere d'albergo, unica zona di sicurezza dove i due protagonisti, al riparo da sguardi indiscreti possono finalmente sentirsi a casa. Esteticamente è una trovata riuscita, gli ambienti sono chiusi, stretti, non hanno margini di permeabilità all'esterno e sono il perfetto contenitore per una storia narrativa che procede a singhiozzi, come l'amore dei due protagonisti. Si accennava alla drammaticità di una situazione di felicità a metà che - con sorpresa ma non certo con elevata originalità - è sentita molto più dall'uomo che dalla donna: il regista ribalta lo stereotipo di genere presentandoci uno scrittore (perso in un'attività di grande sentimento) e un'economista. 

Tecnicamente il film è nella media, non eccelle se non per brevi momenti in cui il ritmo di montaggio si fa più sincopato e adatto alla rappresentazione di alcune scene; piacevole anche la sequenza a velocità aumentata, per rendere l'effetto dello scorrimento del tempo. In generale si è positivamente colpiti dal "non detto", dal "non fatto", da ciò che non si vede perché si situa negli intervalli non diegeticamente commentati di una relazione che ci resta per buona parte oscura. Giustamente: abbiamo già il privilegio di poter vedere dentro la camera, dove gli altri personaggi (non rappresentati) del film non possono arrivare, sarebbe inutile e banale spingersi oltre.

Complessivamente un bel film, che più che per le caratteristiche tecniche si fa ricordare per la dolce drammaticità della sua diegesi: una storia delicata di un amore che non può essere vissuto appieno ma non per questo appare meno splendente. Anzi, come la Madonna nelle Pietà appare bellissima proprio perché avvolta dal dolore, così la relazione fra i due protagonisti assurge a splendido esempio di un sentimento che non si consuma al di là delle circostanze proprio grazie a questa melancolia di fondo.
VOTO: 7/10

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