domenica 15 aprile 2012

Il giardino delle vergini suicide - Recensione


Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola - Genere: drammatico - USA, 1999

Cinque sorelle fra i quindici e i diciannove anni vivono infelici, tormentate da genitori che credono di fare il loro bene. La madre è integralista e cieca: costringe una delle sorelle, per punizione, a bruciare i dischi più cari. Il padre è molle e latitante, tutto preso a costruire i suoi modellini. Certo, ci sono i ragazzi che le corteggiano e le stimano, ma non basta. La prima muore gettandosi sulle punte del cancello di casa. Le altre quattro organizzano uno struggente suicidio collettivo.

Film sorprendente per il debutto cinematografico della figlia di Francis Ford Coppola, che nell'ormai lontano '99 consegna agli schermi cinematografici un prodotto interessante e per nulla scontato. Brevemente, le caratteristiche tecniche che balzano all'occhio maggiormente sono una buona colonna sonora e qualche inquadratura molto riuscita, mentre il montaggio è piuttosto lineare e da questo punto di vista probabilmente si poteva osare un po' di più.
In ogni caso, quello che colpisce del film, che lo rende così (quasi morbosamente) affascinante è, da una parte, la storia e dall'altra il modo di raccontarla. 

Il suicidio delle cinque sorelle Lisbon, che poteva essere banalmente raccontato componendo uno dei soliti drammi familiari di cui sovrabbonda la cinematografia viene efficacemente lasciato in uno stato di sospensione: il tutto viene raccontato dal punto di vista dei ragazzi del posto, innamorati delle cinque sventurate. Lo spettatore si trova così in uno stato di assoluta ignoranza sui fatti e condivide quell'alone di mistero, quella impossibilità di comprendere a fondo che cosa sta succedendo davvero che anche i ragazzi lamentano continuamente. La Coppola riesce a declassare l'occhio di chi guarda, mettendolo allo stesso livello dei protagonisti della vicenda. 
Il risultato di questa riuscitissima operazione è che la storia si tinge in maniera ancora più fascinosa e i vuoti che si vengono a creare, che lo spettatore-protagonista cerca di riempire facendosi trasportare dalla voce narrante di uno dei ragazzi, conferiscono a questo tipico dramma borghese una forza e una capacità di suggestione simile quasi agli antichi racconti bardici. 

Il paragone non mi sembra azzardato, perché la caratteristica principale delle cinque Lisbon, che le distingue dalla micro-società familiare e dalla macro-società cittadina è la loro alienazione rispetto al contesto, sembrano uscite da un quadro di soggetto classico, perché riescono a condensare nelle loro adolescenziali figure l'innocenza delle vergini e il discreto fascino di donne misteriose. Anche noi, come i ragazzetti che le amano siamo catturati da qualcosa nei loro volti, negli improbabili vestiti per il ballo scolastico e, spiandole attraverso il nostro telescopio dalla casa accanto, non riusciamo a capire cos'è che ci attira così irrimediabilmente. 

La Coppola, insomma, confeziona un piccolo gioiello che riesce a raccontare un dramma senza scadere nella inutile ondata di pietismo che di solito sommerge questi film, anzi giocando a tratti anche con il registro comico. Splendido il ritratto della società americana borghese e un po' perbenista degli anni '70, di cui le Lisbon con il loro suicido fanno esplodere le contraddizioni (un po' come succede in Blue Velvet di David Lynch quando scopriamo la vita notturna della cittadina). 

VOTO: 8/10

2 commenti:

  1. Interessante la tua analisi, anche se non concordo sul voto. A mio parere un bel film, ma anche abbastanza furbetto proprio per quell'alone di sospensione e di insolutezza che lascia verso la fine. Ricordo che mi lasciò con una strana malinconia...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ripensandoci è probabile che tu abbia ragione; purtroppo molte delle valutazioni che ho dato sarebbero almeno in parte da rivedere, come in questo caso. Concordo con te, comunque, sul sentore che lascia.

      Elimina