sabato 31 agosto 2013

La quinta stagione



La quinta stagione di Peter Brosens e Jessica Woodworth - Genere: drammatico - Belgio, Paesi Bassi, Francia, 2012

Un piccolo villaggio nelle Ardenne è lo sfondo di questo pregevole e lirico film presentato alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia. In una società dove sempre di più si fa pressante l'esigenza di ragionare su temi ambientali e dove diventa irrimandabile la necessità di trovare delle soluzioni alla crescita non più sostenibile che il genere umano ha cominciato, il film della coppia Brossens Woodworth ragiona su questi temi finalmente in maniera matura e antianeddotica. Rifuggendo dalla classica location metropolitana, così come dal classico format catastrofista/allarmista, La quinta stagione è un serio tentativo di tracciare per immagini l'itinerario della decadenza del naturale e dell'umano, tramutando in idea l'urgenza materiale che infiamma molti animi soprattutto fra i più giovani. Niente di male in un interesse che ha la sua teologia nel desiderio di salvarci dall'autodistruzione, ma per una volta è bello vedere sullo schermo un prodotto veramente artistico che fa proprie queste attualissime tendenze.

La stagione del titolo diventa quindi il simbolo di una atemporalità sterile, un minimo comune denominatore che accompagna il succedersi sempre uguale delle altre quattro. Nonostante il ciclo solare prosegua nel suo corso, le attività umane non riprendono il loro movimento circolare e questa mutazione nei tempi e nei modi si rivela in breve tempo fatale. L'incapacità di germogliare delle sementi e dei bovini di fornire materia prima accompagnano la comunità rurale nel torbido gorgo della disperazione, che tramuta un consorzio umano in apparenza unito dal caldo legame di tradizioni legate ai cicli naturali in un gruppo di sconosciuti legati solo dall'odio e da un tragico senso di fastidio. La freddezza dei rapporti umani viene ricalcata dalla messa in scena, che predilige ampie riprese in esterno con colori lividi e mortuari, simbolo perfetto di una natura che non è più in grado, nei fatti, di rigenerarsi. 

Non sappiamo cosa accada nel resto del mondo, perché per la durata del film noi siamo parte di quella comunità, condividendone ansie e aspettative. Non importa cosa succeda al di fuori, perché il mondo per noi e per i protagonisti de La quinta stagione è tutto in quei campi e in quelle stalle ormai vuote. Il deterioramento delle condizioni di vita si accompagna all'illogorirsi dei rapporti umani, che diventano sempre più difficili. Emblematico e quanto mai realistico il caso dell'apicoltore che, ritenuto colpevole delle sciagure occorse alla comunità, diviene protagonista suo malgrado di un rito alle soglie del paganesimo. E' proprio in questo frangente, superata la metà, che il film raggiunge il suo punto di massimo sviluppo figurativo: abbandonata la materia concreta, i volti dei personaggi si trasfigurano in maschere deindividualizzanti che sembrano voler far eco alla celebre sequenza di Eyes wide shut. Solo dietro a queste coperture i paesani mostreranno la loro vera natura e si renderanno capaci degli atti antiumani di cui si macchieranno.

Un film pregevole, potente da un punto di vista delle immagini e prezioso per quanto riguarda le finezze linguistiche. Assolutamente consigliato.
VOTO: 9/10 

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