lunedì 10 settembre 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile - Recensione



Un giorno questo dolore ti sarà utile di Roberto Faenza - Genere: drammatico - USA, Italia 2011

James Sveck ha diciassette anni e nessuna voglia di essere raggiunto. Dal cellulare, che butta in un bidone artistico, e dagli adulti che lo vorrebbero consumatore di oggetti e affetti. Figlio di genitori separati e fratello minore di una sorella maggiore invaghitasi di un professore di teoria del linguaggio, James rifugge il mondo e comunica soltanto con Nanette, nonna di buon senso e di buon cuore, e Miró, un cagnetto nero che si crede umano. Deciso a non frequentare l'università e ad acquistare una vecchia casa nel Midwest in cui leggere libri e lavorare il legno per il resto della vita, il ragazzo è incalzato da mamma e papà che lo vogliono cool e realizzato. Gallerista con tre matrimoni falliti alle spalle, la madre, Peter Pan incallito col vizio della chirurgia estetica, il padre, i genitori di James corrono ai ripari e lo invitano a incontrare una life coach che gli indichi la via per il successo (sociale). Sensibile e umana la sua terapista ne accerterà la grande sensibilità, esortandolo a vivere secondo le regole del suo cuore.

Vero e proprio tormentone cine-letterario dello scorso anno, oggi finalmente Un giorno questo dolore ti sarà utile si è manifestato di fronte a me, convincendomi veramente poco. Non so se sia colpa della gran parlare che si è fatto di questa pellicola, ma il risultato è simile a quello di un bel piatto di pasta, sfortunatamente non salata. Con questo non voglio dire che il film in sé non abbia dei lati piacevoli o che sia un disastro, ma che il risultato che ci si attendeva dopo un così grande brusio mediatico poteva essere sicuramente migliore. 

Narrativamente si tratta di un film di formazione piuttosto classico, una versione aggiornata e ingentilita di un Noi ragazzi dello zoo di Berlino, tanti problemi ma questa volta niente droga. Più azzardato mi sembra il paragone con Il giovane Holden di Salinger: non basta certo avere delle enormi paranoie antisociali per poter essere efficacemente paragonati ad una delle icone esistenziali della passata generazione. La penna del compianto Salinger ha tratteggiato un ritratto di un giovane della crisi, pieno di inquietudini giustificate dai tempi. L'impressione di questo James è invece quella di un adolescente (benestante), annoiato dalla propria esistenza e vuotamente radical chic. Una versione insopportabile della Paloma protagonista de L'eleganza del riccio. 

La fotografia è buona, i colori tenui, a tinte quasi pastello confermano che questo è un film che si vuole contemporaneo e alla moda. Bella quindi la cornice visiva, buona anche la scelta degli attori, su cui evidentemente svetta per importanza narrativa il protagonista, volto nuovo e interessante del cinema che però - ancora una volta - finisce col diventare veramente snervante. Si sarebbe potuto giocare di più sulla componente ironica di questa problematicità, ma il voler essere pretenziosamente drammatico ha giocato un brutto scherzo al regista, appesantendo mortalmente una pellicola che invece poteva essere fresca e convincente (buona anche la scelta della musica).

Insomma, per quanto mi riguarda, una discreta delusione, soprattutto per la pretesa volontà di innovare, non corrisposta da un lavoro linguistico sufficientemente profondo. Un film che vuole coprire i suoi (macroscopici) difetti con una patina alla moda e un po' gay-friendly, ma che alla fine non ha molto da dire. Un vero peccato.

VOTO: 5/10

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