martedì 21 agosto 2012

Private Romeo - Recensione


Private Romeo di Alan Brown - Genere: queer - USA, 2011

 La storia si svolge tutta all'interno dell'accademia militare McKinley dove otto cadetti devono seguire un corso di addestramento. L'amore non conosce confini e presto divampa anche in questo originale contesto dove i ragazzi iniziano a leggere in classe la tragedia di Romeo e Giulietta di Shakespeare. Il dramma si concretizza presto fuori dalla classe e diventa la lente con cui vengono esaminate le vite di queste giovani.

Idea non molto originale quella che anima il film Private Romeo: scegliere un testo letterario (in questo caso il dramma teatrale di Shakespeare) e proporlo in versione cinematografica in modo più o meno letterale è un'operazione che ha coinvolto buona parte della letteratura mondiale con alterni risultati. La scelta registica che è stata fatta in questo caso è al tempo stesso coraggiosa ma consapevole: "Romeo e Giulietta" è il più "conosciuto" fra i drammi del poeta inglese e quindi, mostrandolo, si va ad attivare una serie di conoscenze condivise nel pubblico spettatoriale. Scelta quindi intelligente da un punto di vista del marketing e del target. 

L'elemento esplosivo della vicenda è il contesto, la cornice in cui è calato il racconto teatrale. Anche qui, la scelta di inserire il testo teatrale in un'accademia militare scegliendo come protagonisti dei giovani cadetti dimostra una consapevolezza autoriale molto elevata e, al tempo stesso, la chiara presa di coscienza di dover proporre un progetto editoriale forte per non correre il rischio di cadere nel dimenticatoio. E, per dare a Cesare quel che è di Cesare, bisogna dire che il film di Alan Brown ha delle buonissime qualità, anche da un punto di vista tecnico e di realizzazione (buona fotografia, ambientazioni e colori piacevoli).

 Il contesto scelto per l'immersione del testo è poi straniante al punto giusto per attrarre l'attenzione dello spettatore anche se da questo punto di vista ci sono delle difficoltà di adattamento piuttosto evidenti (ad esempio risulta piuttosto forzata la scena dove Mercuzio si batte a duello con la famiglia rivale). Sembra quasi che alla necessità di tenersi buona la cornice sia stato eccessivamente piegato il testo originale, sostanza fluida ma - è bene ricordarlo - non infrangibile. Lo sapeva bene la Taymour quando ha fatto un'operazione analoga con il Tito Andronico realizzando il bel Titus

Complessivamente il film non è malvagio, anzi risulta molto piacevole sotto alcuni punti di vista. Gli attori sono nel complesso molto bravi e rendono giustizia al testo, senza sembrare neanche degli attori. E' come se i personaggi stessero davvero vivendo quel dramma sulla loro pelle, come se veramente i due adolescenti (entrambi maschi - con conseguente riattivazione di un'altro luogo comune su Shakespeare) fossero i protagonisti di un dramma dal sapore vintage per quello che riguarda la forma, ma profondamente contemporaneo per quanto concerne i contenuti. Nonostante questo, alcuni difetti strutturali non mi possono vedere concorde con i giudizi a mio avviso eccessivamente ottimistici che ho trovato sul web per quello che riguarda questo lavoro. 

VOTO: 6/10

lunedì 20 agosto 2012

Demoni - Recensione


Demoni di Lamberto Bava - Genere: horror - Italia, 1985

Un gruppo di persone riceve un invito per un nuovo cinema, il "Metropol". Lo spettacolo proiettato è un film dell'orrore. La situazione precipita inesorabilmente quando gli eventi del film cominciano a realizzarsi e ai malcapitati risulta impossibile uscire dal cinema...

Lamberto Bava (figlio del più noto regista Mario) collabora con Dario Argento in questo film degli anni Ottanta e con altri maestri del genere. Il risultato dovrebbe essere promettente, siamo nel periodo d'oro di Argento che - invece - ora è decisamente finito. Le premesse quindi, sulla carta, ci sono tutte ma il prodotto finale è qualcosa di veramente imbarazzante, forse ai livelli de La Terza madre, tragico epilogo della carriera di Argento, consegnato ai posteri non più di qualche anno fa. 
Anche considerando che questo è un titolo degli anni Ottanta e tenuto conto di quale fosse il canone estetico per i film di genere dell'epoca, il nostro giudizio non può che essere impietoso. Eppure l'idea di impedire l'uscita da un luogo pubblico come un cinema non è malvagia, anche considerando che un genio come Bunuel ha realizzato uno dei suoi capolavori (L'angelo sterminatore) proprio su questo concetto.

Si può sorvolare sulla qualità del make-up demoniaco, che prevede artigli e denti da belva e la copiosa produzione di un qualche strano liquido color colluttorio dalla bocca degli indemoniati; dopotutto siamo negli anni Ottanta e anche in un film discreto come Suspiria Argento ha dimostrato di non avere un ottimo rapporto con gli effetti speciali. Passi allora questo.
La mancanza assoluta di una struttura narrativa però si mostra nella sua drammaticità fin dai primi minuti, inquadrature lente e pesanti si susseguono senza ritmo, non c'è costruzione dell'immagine e il risultato è un effetto di noia generalizzato (il che - va da sé - non è certo l'obiettivo di un film horror). Per compensare questa assoluta tabula rasa il regista inserisce a pettine e in continuazione delle sequenze di una banalità sconfortante dove gli attori, ben lontani dall'aver svolto con dovizia il loro compito, si lanciano in urla e lamenti che sembrano registrati e riprodotti ciclicamente, senza il minimo sforzo di credibilità. 

Anche il montaggio e i rapporti fra le immagini sono anonimi, privi non solo di qualsiasi ricerca estetica ma anche della semplice volontà di accondiscendere gli stereotipi del genere. Come ho già ricordato sopra, questo genera una pesantezza che finisce presto con lo stancare anche un amante del genere come il sottoscritto. L'unica eccezione, individuata forse per un eccesso di bontà, una discreta sequenza di campi e controcampi che ci portano dentro e fuori dal film che gli spettatori del cinema stanno guardando (generando un piacevole - ma breve e isolato - coinvolgimento secondario). 
Sufficiente la colonna sonora, ma nulla più: siamo lontani dalla carica ansiogena del jingle di Profondo Rosso.  La stessa cosa valga per i costumi, che tratteggiano un ambiente metropolitano di periferia che sembra uscito da un video di Cindy Lauper. Idea di per sé non originale, e peggiorata ulteriormente dall'inserimento di personaggi alla "50 cent" a metà fra il rapper e il poveraccio ripulito con poco gusto. Tremendo.

In conclusione, un film atroce. Assolutamente sconsigliato, anche e soprattutto agli amanti del genere. Da vedere in compagnia (forse) per farsi due risate, ma nulla di più. Un titolo che fallisce miseramente anche nella soddisfazione dei requisiti minimi di un film di genere.

VOTO: 3/10